Giovanni Ricciardi: "La comodità non ha quasi nulla a che fare con l'Arte che è fatta di scelte difficili e scomode"

di Giulia Cassini

8 min, 27 sec

La lettera aperta sulle incongruenze del mondo dello spettacolo e sul "Truman Show della cultura"

Giovanni Ricciardi:  "La comodità non ha quasi nulla a che fare con l'Arte che è fatta di scelte difficili e scomode"

Riceviamo alla redazione di Telenord online e pubblichiamo la seguente lettera del violoncellista di fama internazionale Giovanni Ricciardi.

 

"Mi sento di parlare in nome di tutti i lavoratori dello spettacolo, musicisti, attori, orchestrali, coristi, tecnici, macchinisti, truccatori e moltre altre categorie, dopo le notizie apprese, anche dalla stampa, circa la folle idea di trasformare il comparto dello Spettacolo in una sorta di “Netflix della Cultura “ a pagamento.

Folle perché cosi’ si condanna alla disoccupazione perenne centinaia di migliaia di lavoratori dello Spettacolo, folle perché in Italia esiste già la Rai che si occupa di Cultura, gratis che semmai andrebbe potenziata e perché nessuna ripresa video potrà mai sostituire la bellezza del live, del rapporto con il pubblico e della bellezza della spontaneità.

Diamo alcuni numeri: nella classificazione delle professioni 40 sono riconducibili direttamente, anche se non in via esclusiva, allo Spettacolo. Le dividiamo in professioni centrali ad elevato contenuto artistico (circa 25) e in professioni di supporto (circa 15), solo gli occupati stabilmente nel settore dello spettacolo sono circa 150.000, numero che aumenta con gli intermittenti, cioè personale che non ha un lavoro stabile che si avvicina, secondo recenti stime a mezzo milione di persone.

Vi è tra il 76 e l’80% di lavoratori fermi nel settore dell’eventistica live (fiere, teatro, concerti di ogni tipo, convegnisti, ecc.). Togliendo anche tutte le attività sportive si arriva molto probabilmente al 90% di lavoratori fermi. Il 10% rimanente corrisponde ai lavoratori impegnati nel settore televisivo a porte chiuse, che comunque sta attivando a sua volta le prime cancellazioni. 

Per capire di quante persone si tratta concretamente si possono utilizzare diversi dati di partenza. Nel 2018 i lavoratori Inps ex-Enpals recensiti (cioè che hanno fatto almeno una giornata in chiaro come lavoratori dello spettacolo) erano 324.614. Questo significa che al momento non stanno lavorando poco meno di 300.000 persone.

Se si considerano invece i numeri del 2019 della Fondazione Symbola, che include tutti lavoratori della “event industry”, il numero di lavoratori impiegati nel 2019 era di 416.080 addetti. Questo porta il numero di persone che oggi non stanno lavorando a circa 374.000. 

In questo momento, dunque, a seconda delle stime, ci sono tra le 300.000 e le 380.000 persone legate al mondo dello spettacolo e della cultura che in Italia non stanno lavorando e ci sono moltissime persone a cui il bonus dei 600 euro non arriverà mai, anche perché il requisito delle 30 giornate riconosciute è un limite irreale e grottesco rispetto alla vera fotografia del sistema spettacolo in Italia, paese in cui evidentemente si avviano le professioni artistiche verso un’ eutanasia programmata e controllata, di legge.

Per una stima dell’impatto economico dell’emergenza Coronavirus sul settore spettacolo, usiamo ancora i dati di Fondazione Symbola. Nell’ultimo report, il settore incide per il 6,8% sulle attività economiche del Paese, per un totale di 96 miliardi di euro nel 2019. Facendo una stima, questo significa che solo in un mese di blocco l’intero comparto può perdere – considerando il blocco fino al 5 aprile – fino a 8 miliardi di euro. 

Si tratta di un numero calcolato senza contare le perdite già avvenute fino a oggi per le cancellazioni di eventi in zone che erano rosse, gialle e in Italia in generale a causa delle restrizioni precedenti e in netto peggioramento nel prossimo futuro.

Ora, pensare di incentivare il “Truman Show “ della Cultura via etere e ricercare la soluzione piu’ comoda, non la piu’ utile, soprattutto per chi da mesi non solo non puo’ uscire di casa ma  non ha nessuna forma di garanzia se non solo obblighi,  significa gettare la spugna nel paese che piu’ al mondo ha una tradizione culturale, è la svendita di un tesoro dell’ Umanità al miglior offerente.

La Cultura è e deve restare trasversale rispetto ad ogni schieramento politico, nella Cultura esiste la meritocrazia e cosi’ bisognerebbe pensare anche per la politica e non a negare le idee giuste solo perché si è di uno schieramento politico differente. Questo è il grande inganno: ci sono le news, le bufale, le antibufale, un sistema che fa schierare la gente e in questo carosello programmato si perdono di vista i punti importanti per il nostro presente e futuro e non ci si cura dell’esperienza del passato.

Un esempio chiaro nella nostra città e ben lungi da essere un intervento politico, il Ponte Morandi.Al di la di ogni schieramento politico non si puo’ non ammettere che il ponte è stato ricostruito in tempo record, perché? Perché gli Amministratori locali hanno lavorato bene, sia il Sindaco Bucci che il Governatore Toti hanno lavorato senza fermarsi un momento, con un peso addosso enorme e facendo valere le nostre istanze a Roma, senza mai mollare la presa e questa, al di la di ogni schieramento politico di provenienza, è una cosa che per onestà intellettuale deve essere riconosciuta. L’ Italia è fra le prime in Europa per infrastrutture iniziate e mai terminate. Anche in mezzo a schieramenti che non ci piacciono deve valere la regola della meritocrazia esattamente come in campo artistico.

Polemiche sulla recente ordinanza della Regione Liguria - che restituisce un po’ di libertà alle persone e ai lavoratori non stabili che il piccolo pezzo di pane cercano giornalmente, anziché cercarlo solo in casa dove la gente si è mangiata anche i muri dalla disperazione - sono solo funzionali a una politica di opposizione che non è piu’ né utile né lungimirante. Chi ha paura puo’ rimanere in casa blindato, disinfettato, sterilizzato ma non puo’ condannare il Paese o chi non la pensa come lui a una morte peggiore.

Forse non ci siamo ancora resi bene conto che le limitazioni e restrizioni imposte, di movimento, di Culto, di lavoro e sociali, possono essere messe in atto solo per pochissimo tempo e che sono al di fuori della nostra Costituzione.

Chi in sicurezza e rispettando le regole vuole uscire, ne ha il sacrosanto diritto. E’ di qualche giorno fa il rapporto dell’ONU sul reale pericolo di violazione dei diritti umani durante questa epidemia.

In Italia siamo al 43° posto nel mondo come libertà di informazione, quale verità si pensa venga fuori da news con titoli allarmisti che fanno leva sull’ atavica paura degli Italiani della morte per avere piu’ click? L’ informazione da servizio è diventata un prodotto, quindi si compra e si vende al miglior offerente.

Basti pensare a tutti i disabili lasciati soli, ai senza tetto, ai musicisti di strada e a chi vive di quel poco, agli studenti ai quali per anni abbiamo detto che i social non sono la vera vita, ai giovani che stanno investendo nell’ Arte e nella Cultura, che peraltro sono diritti inalienabili e professioni riconosciute che valgono quanto le altre.

I concerti e i live anche in emergenza si possono e si devono fare, rispettando i limiti imposti di distanza e tutte le precauzioni del caso, nelle piazze, nei teatri, nelle Chiese.

La didattica, potrebbe essere effettiva con turni di classe e maggior numero di docenti, e allora il Governo anziché pensare a fare propaganda di una Netflix della Cultura pensi ad assumere quei precari che non sono mai stati assunti e a organizzare un potenziamento del sistema Scuola e non solo obbligare i genitori e le famiglie a comprare i fogli e la carta igienica perché le scuole non le hanno e non hanno fondi.

Con l’Istruzione e la Cultura è successo quello che è successo esattamente con la Sanità. Siamo in questa emergenza anche perché sono stati tagliati negli anni i sostentamenti a questi settori e il deserto oggi è sotto gli occhi di tutti.

E’ il momento di presentare idee e non del “mugugno” che non serve a nulla, perché non muta mai forma, è il momento di cambiare davvero, altrimenti perderemo per sempre quello con cui la Cultura e l’ Arte ci contagiano piu’ velocemente di un virus: la voglia di vivere, la speranza, il coraggio e la bellezza.

 Solo in questi giorni si sta parlando di reddito d’ emergenza, dopo due mesi e chissà se arriverà mai ed è ovvio che della sofferenza delle persone importi poco.

Certo ci sono altre priorità ma le priorità piu’ alte sono l’ Umanità, la dignità e il rispetto anche di chi lavora in un campo fragile come i petali di un fiore ma che parla una lingua universale e ha sostenuto i cuori della gente da sempre, offrendo sensazioni meravigliose, conforto, ispirazione,  innalzamento spirituale e cultura, anche da dietro le quinte: i lavoratori dello spettacolo.

In questo momento moltissimi artisti stanno pubblicando video senza audio per marcare questa differenza.

Come sarebbe la nostra vita se improvvisamente non ci fosse piu’ musica, ad esempio, neanche su Youtube, in macchina, alla radio, in TV, ai concerti? 

Sarebbe una vita fatta solo di squallide news e con una cultura fredda dei sentimenti.

La didattica online per quanto riguarda lo strumento, sebbene sia una risorsa in questo momento, non potrà mai essere equiparata ad una lezione dove l’ allievo sente suonare il suo maestro, e viceversa, dal vivo, dove l’ archetto sposta l’ aria e anche il cuore. 

Ed è proprio in quel momento che la musica si trasmette da cuore a cuore, tutto il resto sono solo pezze che non possono rappresentare la situazione definitiva. 

La comodità non ha quasi nulla a che fare con l’ Arte che è fatta di scelte difficili e scomode a favore di rendere il bello, a qualsiasi costo.

 

La Cultura ci serve per aprire gli occhi e talvolta per chiuderli sognando e i sogni nessuno puo’ impedirli con nessun decreto

(Fonti: Onu, Istat, Centro Studi Doc)

Giovanni Ricciardi


(Particolare tratto da foto courtesy stampa Marco Dragonetti)