Genova, il papà di Martina Rossi: "Non accetterò mai l'assoluzione di chi l'ha uccisa"

di Michele Varì

"Era il suo primo viaggio da sola, felice con le amiche, è morta dopo un giorno, anche le farfalle vivono di più"

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"Non accetterò mai l'assoluzione di chi ha ucciso Martina..."

A parlare è Bruno Rossi, il papà della ventenne genovese morta dopo essere precipitata da una camera di albergo il 3 agosto del 2011.

Per quella tragedia  il tribunale di Arezzo nel dicembre del 2018 aveva condannato a tre anni due giovani aretini, Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, con l'accusa di tentata violenza sessuale e per aver causato la morte della giovane in conseguenza di un altro delitto. Per l'accusa la ragazza sarebbe caduta nel vuoto per sfuggire ad una violenza sessuale.

Ma la Corte d'Appello di Firenze il 9 giugno ha ribaltato la sentenza e assolto i due giovani "perché il fatto non sussiste" mentre il reato più grave, morte in conseguenza di un altro reato, è stato cancellato dalla prescrizione.

“Purtroppo dopo nove anni e due giudizi che avevano riconosciuto le colpe dei due ragazzi la sentenza della Corte di Appello di Firenze li ha assolti perché il fatto non sussiste”

Le parole di Bruno Rossi, 80 anni, storico sindacalista della città da sempre in prima linea per difendere i portuali della Culmv, sono cadenzate, come se le pesasse una ad una, nonostante il dolore per la perdita dell'unica figlia che lui e la moglie avevano cercato ed atteso per 29 anni.

Incontriamo Rossi in un un dehor di un bar di via Napoli, ad Oregina, il suo quartiere, il quartiere dei portuali affacciato sul suo porto. “Trovo inconcepibile e triste pensare che la giustizia possa assolvere dopo due processi e pagine e pagine di verbali pieni di contraddizioni, ora dopo tanto lavoro si dice che non ci sono le prove per condannarli”.

L'uomo poi a microfoni spenti aggiungerà: "Non mi arrenderò mai a questa ingiustizia e se dico mai significa davvero mai..."

Bruno poi ricostruisce la dinamica della tragedia, con poche parole, le parole di un padre che perdendo lei ha perso tutto: “Una ragazza in camera con due ragazzi, le dimensioni della camere sono ridotte, i ragazzi cercando di levare i calzoncini a Martina, Martina vola, nessuno la soccorre, gli unici presenti in quella camera erano loro due, come mai non sono accorsi per prestare i primi aiuti? Uno dei due mi aveva detto che Martina sembrava impazzita e che l'aveva graffiata, ma Martina non era pazza, era una ragazza serena che appena la sera prima aveva conosciuto un ragazzo appassionato di pittura come lei e con cui aveva appuntamento per il giorno successivo. Un amico con cui aveva affinità, non come quei due ragazzi nella cui camera era finita per caso perché era stata costretta ad uscire dalla sua stanza dove si erano appartate le due sue amiche con altri due ragazzi. Martina non era depressa ma felice di vivere".

"Quello era il suo primo viaggio che faceva da sola, per la prima volta andava in vacanza in una maniera autonoma, prendeva un apparecchio.

Il giorno dopo muore, un giorno – scandisce Bruno alzando un indice per ribadire il concetto – anche le farfalle vivono di più – dice trattenendo le lacrime -, il primo giorno felice con le sue amiche...”.

Dopo le polemiche divampate per la sentenza della Corte di Appello di Firenze il ministro della Giustizia Bonafede ha inviato degli ispettori miisteriali nel capoluogo fiorentino.