Elezioni: tutti i rischi del governo

di Redazione

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Elezioni: tutti i rischi del governo

L’appuntamento elettorale del 20 e del 21 settembre sarà un banco di prova per il governo e per la maggioranza che lo sostiene? Ogni giorno che passa sembra sempre più di sì. Il primo aspetto che conferisce alle elezioni un ruolo di “esame” della situazione politica e del “gradimento” degli elettori riguarda le regionali per le quali, Valle d’Aosta a parte, ci sono due regioni rette dal centrodestra (Veneto e Liguria) dove i sondaggi danno una conferma degli uscenti e quattro del centrosinistra con tre esisti in dubbio (Toscana, Marche e Puglia) e forse una sola dove il centrosinistra è dato vincente (Campania) ma con un presidente come De Luca del tutto anomalo rispetto alla linea del governo.

Ci sono poi elezioni comunali sparse per tutto il Paese, anche in questo caso gli esiti saranno valutati attentamente. E poi c’è un’ombra che si sta allungando, ovvero il referendum sul taglio dei parlamentari voluto dal M5s e “ingoiato” dal Pd e da Italia Viva. Nella base della sinistra ma anche nel centrodestra solo Fratelli d’Italia voterà a testa bassa per il “si” mentre ormai Forza Italia marcia sul “no” e in casa della Lega, a fianco del “si” di Salvini, c’è un “no” silente che avanza anche tra i dirigenti del partito da tempo dubbiosi sulle linee operativa del leader. Insomma: la vittoria del “si” che era data con maggioranza bulgara, ispirata dal popolo che “vota di pancia”, sembra destinata a un successo molto più contenuto.

Il partito che maggiormente sta in affanno, in questo momento, è il Pd che nelle quattro regioni dove amministra da decenni andrà al voto senza l’alleanza delM5s che correrà da solo, recuperando l’accordo con i renziani in Toscana, Marche e Campania, ma senza il loro apporto in Puglia. L’affanno del Pd è dimostrato oggi da una lunga lettera aperta scritta dal segretario nazionale Nicola Zingaretti a uno dei maggiori quotidiani italiani. Zingaretti difende l’operato del governo  con un ottimismo sul genere del volterriano “migliore dei mondi possibili” , anche se da molte parti, anche tra molti dirigenti del suo partito si insiste perché non si accetta il finanziamento del Mes che sarebbe servito utilmente per la ristrutturazione delle scuole e in particolare della sanità. Ma sul Mes c’è il diniego di principio dei grillini.   Così come c’è una forte differenza di vedute sul referendum. 

Il M5s ha puntato sul taglio dei parlamentari come scelta demagogica fine a se stessa. Nel Pd non si era d’accordo puntando a una riforma costituzionale  più articolata e che prevedesse altri interventi legislativi sul funzionamento delle Camere. In questi giorni è emerso inoltre che il taglio dei parlamentari ha una influenza irrisoria sul potenziale risparmio dei conti pubblici. Per questo, tra i renziani ma in particolare nel Pd – base e molti dirigenti – sta salendo un malessere che non è possibile soffocare. A questo proposito, l’affanno della lettera pubblica di Zingaretti è evidente. Il segretario nazionale spiega che si cercherà di far approvare almeno in sede di commissione la riforma elettorale (elezioni senatoriali svincolate dai confini regionali e proporzionale con lo sbarramento del 5% alla tedesca), fissando poi dopo le elezioni il voto in sede legislativa.

Zingaretti avverte obiettivamente il distacco freddo su questo tema da parte del premier Conte (che teme evidentemente per il proprio incarico) , ma lancia anche apertamente un avvertimento: in caso di crisi si andrà alle elezioni politiche e si rischia una vittoria del centrodestra. Quindi, che fare? Per Zingaretti, per il momento, non resta che ingoiare anche quello che non va pur di non far cadere il governo. In parole povere: non si può rischiare, facendo emergere tutti gli argomenti di contrasto, che pure ci sono e sono evidenti. La difesa della maggioranza e del governo a tutti i costi è comprensibile, ma è anche evidente che all’interno del Pd sono numerosi i dirigenti e anche semplici iscritti e attivisti che non condividono quasi nulla delle linee politiche del M5s (e un atteggiamento non dissimile è anche all’interno di Italia Viva che si sta riavvicinando a Calenda, dopo un periodo di scontri). Siamo quindi di fronte a una marcia difficile sulla corda dell’equilibrista. Ecco perché la prova elettorale, sia per le amministrative, sia per il tormentato referendum, sarà un termometro per misurare la temperatura degli italiani. O, date le circostanze, un tampone.