Samp, a Milano tre schiaffi ma anche grinta e facce nuove. E serve a tutti i costi un attaccante vero

di Claudio Mangini

5 min, 29 sec
Samp, a Milano tre schiaffi ma anche grinta e facce nuove. E serve a tutti i costi un attaccante vero

Dejan Stankovic lo sapeva fin dall’inizio che non sarebbe stato facile ridare fiducia e compattezza in campo alla Sampdoria, riportarla a galla e in condizione di provare a completare con successo la missione salvezza. Sabato, dopo la partita di San Siro, lo ha detto con ironia: «Gli allenatori si dividono in due categorie, quelli che sono stati esonerati e quelli che non lo sono ancora». Vero: la carica di fiducia assegnata inizialmente va riconquistata partita dopo partita e minuto dopo minuto in campo. Ma la Sampdoria, uscita con un punteggio severo dalla trasferta contro l’Inter, ha mostrato luci e ombre, chiaroscuri sempre più netti che forse aiuteranno anche il tecnico serbo nella comprensione di dove intervenire.

Cominciamo da cosa non va: la Sampdoria ha subito tre gol in modo perfino banale, in situazioni – diciamo – scolastiche, su cui evidentemente dovrebbe essere possibile operare per fare meglio, ma che si ripetono da inizio stagione (e dal passato più remoto), a palesare errori individuali e di lettura delle dinamiche di gioco. Si può prendere gol su calcio piazzato con quella efficacissima semplicità che ha portato l’Inter a spezzare l’equilibrio e sbilanciare la partita? E si può subire da Barella (chapeau) un’imbucata così elementare e devastante insieme che ha, di fatto, chiuso la partita? Per non parlare dello 0-3, con Correa che può permettersi una volata di 70 metri e la conclusione micidiale indisturbato, con Ferrari che rincula senza andare al contrasto?

Fragilità difensiva che è fragilità nelle singole situazioni e, appunto, incapacità di fronteggiarle. Più che fragilità, inconsistenza offensiva, dove Gabbdiani, pur decentrato sulla fascia, ha messo inizialmente in allerta Bastoni e frenato Dimarco, non trovando però mai analogo supporto sulla sinistra, da parte di Leris, bravo in altre occasioni a dare equilibrio alla squadra ma stavolta cancellato da Dumfries. E, davanti, il nulla, a parte l’impegno, che oggi è in grado di offrire Caputo. In mezzo al campo, spregiudicatezza e difficoltà (tanto da rischiare l’espulsione) di Yepes e qualche bel tocco di Villar. Insomma, carenze note che si ripropongono e che vanno analizzate – se possibile, ovvio, perché c’è sempre la situazione economico-societaria con cui fare i conti– per il futuro.

Ma c’è anche qualcosa di positivo in questa Sampdoria tornata a casa con le orecchie basse da Milano. Innanzi tutto la grinta, il marchio Stankovic, che si traduce in molti (anche troppi) cartellini gialli, ma che è testimonianza di un cambio di atteggiamento in campo. Poi, appunto, i primi venti minuti di equilibrio, fino al maledetto 1-0 di De Vrij su palla inattiva: ben giocati, con l’Inter in difficoltà a trovare spazi. Nella Samp, in questa fase, coesione e buon supporto reciproco. Il possesso palla complessivo (48% alla fine). L’aver trovato, altro merito dell’allenatore, altri giocatori nella rosa, che possono dare una mano a una squadra che, fin dall’estate, deve fare i conti con una crisi economica evidente. Amione non è impeccabile ma è materiale grezzo e interessante su cui lavorare. Yepes ha subito una bocciatura quasi unanime, dopo la buona prova di Cremona, ma si è trovato contro giocatori di qualità superiore e non ha mai mostrato gap dovuti a timidezza. Crescerà. Sulle carte d’identità, alla voce anno di nascita, c’è scritto 2002 e, sabato a San Siro, ha fatto l’esordio anche l’attaccante Primavera Montevago, 2003. La manovra, rispetto all’era Giampaolo, è meno stucchevole e prevedibile, senza quelle continue ripartenze dal basso che permettevano alle difese avversarie il posizionamento senza mai andare in affanno.

Ora ci sono tre partite da far fruttare al massimo, da qui alla sosta. Nessuna facile, nessuna impossibile, ovviamente con la nota a margine che quella da vincere a tutti i costi è la terza, quella contro il Lecce a Marassi, antagonista diretta da frenare e, chissà, agganciare o sorpassare. Ma non basta: servono altri punti per alleggerire la zavorra di un inizio di campionato traumatico.

E servono ritocchi sul mercato invernale, a cominciare da quello più urgente e inderogabile: un attaccante in grado di reggere il gioco e finalizzare. Perché è vero che l’anno scorso Caputo si svegliò, e come si svegliò, nel girone di ritorno. E’ vero che Gabbiadini può solo migliorare e Pussetto acquisire ritmo e convinzione. E’ vero che pure Quagliarella, a dispetto dell’età e dei problemi fisici contingenti, può dare (ed essere impiegato) di più. Ed è vero che, nel conto, manca quello che poteva essere e non è stato il promettente De Luca, subito messo fuori per un serio infortrunio, ora in via di recupero. Ma serve, straserve, un attaccante solido, affidabile, con le spalle larghe in tutti i sensi. E servirà alzare il tasso tecnico complessivo, magari provando a innestare chili e centimetri, oltre a qualità, in una squadra che ha perso muscoli a centrocampo.

Ovviamente, per fare questo, ci sono due strade. O le nozze con i fichi secchi, sacrificando magari un giocatore che ha mercato (Sabiri? Ma sarebbe meglio recuperarlo…) per investire su altre risorse. O, auspicabilmente, una nuova proprietà con disponibilità economiche. E siamo sempre al solito discorso che, innanzi tutto, va a riguardare la cordata Al Thani.

Su cui si è divisa la città sampdoriana, dai tifosi ai media. Divisi, appunto, tra chi non mette in discussione il progetto Di Silvio & C e quelli che, invece, credono che tutto questo sia solo un bluff. La verità, come spesso accade, probabilmente sta nel mezzo. L’unica offerta concreta e irrevocabile, al momento, è quella del gruppo Di Silvio & C. I soldi del famoso “acconto” da 40 milioni sul conto escrow non ci sono. La due diligence non è stata ancora espletata. L’esclusiva non è stata concessa dal trustee Vidal e lo sarà, solo, se e quando, arriveranno i soldi. Se e quando arriveranno, i tempi saranno stretti: questione di 2-3 settimane al massimo o, al limite, di giorni. Dipenderà essenzialmente dai tempi per la due diligence.

Ma sappiamo tutti che il Cda ha chiesto al trustee, in un incontro nei giorni scorsi, una deadline temporale, per non prolungare all’infinito questa agonia e buttarsi, eventualmente, su altre ipotesi operative. Lo hanno chiesto per il bene della Sampdoria.