Samp, la lista dei rimpianti si allunga ancora. Ma in campo e fuori ci sono valori da cui ripartire
di Claudio Mangini
Ci sono modi diversi per raccontare una partita e un risultato. Sampdoria-Spezia è certamente l’ultimo anello di una lunga catena di delusioni e rimpianti. C’è un nesso temporale che, sabato sera, ha funzionato come un interruttore: quando, a inizio del secondo tempo, è scattata la dura contestazione dei tifosi, qualcosa è andato in tilt nella testa dei giocatori blucerchiati. La Sampdoria del dopo non era la stessa del prima. Quella del pre contestazione non stava certo dominando il derby con i cugini spezzini, ma era dentro la partita, era in controllo, tesa, tosta, concentrata. Dopo, ha perso la bussola. A conferma, se mai ce ne fosse stato ancora bisogno, della fragilità di una formazione che, tra blackout, cadute di tono, insicurezze e anche errori arbitrali, episodi semplicemente sfortunati, ha pagato un prezzo altissimo. Dejan Stankovic può piacere o no: il fronte di quelli che non condividono certe sue scelte di gestione della gara è cresciuto negli ultimi tempi. Ma è vero che la Sampdoria post sosta mondiale non è mai stata dominata dall’avversaria di turno: tecnicamente inferiore sì, alle corde no. Però, dalle mani, per i motivi sopra esposti, la squadra del tecnico serbo si è vista sfilare moltissimi punti su cui si può recriminare.
Sabato sera Stankovic ha forse sbagliato una mossa: non partire subito con Jesé Rodriguez, piuttosto che Lammers, accanto a Gabbiadini. Ma, al netto di questo, la Samp ha pagato quell’interruzione in termini di capacità di stare connessa. Ha subito il gol, poi ha faticosamente compiuto una scalata per tornare dentro la partita. Poteva vincerla, poteva perderla, se la contestazione avesse occupato i minuti dell’intervallo, probabilmente non ci sarebbe stato quel lungo momento di energie mentali interrotte. E, dunque, resta un rimpianto in più da aggiungere alla lunga lista.
Con una postilla, a proposito di rimpianti e occasioni perdute. Oggi, probabilmente, neanche il più ottimista dei tifosi blucerchiati spera ancora in una fantascientifica salvezza sul campo. Ma sperarci – come chi scrive – alla vigilia del trittico Cremonese-Lecce-Spezia non era assolutamente follia o overdose di fiducia. Si diceva che per sperare ancora sarebbe stato indispensabile un filotto da 9 punti. Si diceva anche che potessero bastare per riaprire le speranze 7 punti, con due vittorie interne. Con il senno di poi, i fatti dicono che quelle considerazioni non erano esageratamente ottimistiche perché, battendo Cremonese e Spezia e non perdendo a Lecce, oggi la Samp avrebbe 22 punti con lo Spezia a 26….
Dicevamo all’inizio che ci sono svariati modi per analizzare e interpretare una partita. Abbiamo appena messo in fila fatti, criticità e rimpianti. Ma la Sampdoria di oggi si può guardare anche da un’altra prospettiva, diciamo morale. Vedere la grinta di Leris (cresciuto moltissimo anche nelle giocate), la concentrazione di Ravaglia o Gunter incitare i compagni fa capire che in questo gruppo ci sono valori umani che riescono ad emergere pur dalle sabbie mobili di una situazione societaria che definire criticissima è un eufemismo. Dejan Stankovic non è sicuramente riuscito a dare il cambio di passo in termini di media-partita che ci si aspettava, ma ha una partecipazione emotiva alla causa che lo fa sembrare un sampdoriano di vecchio pedigree. E’ onesto quando dice che «dal treno non si scende fino al 4 giugno», è sincero quando ammette: «Chi è dentro sa tutte le difficoltà, possiamo solo lavorare ogni giorno». Gioca a carte scoperte quando aggiunge: «Avevo promesso “mai più come a Lecce”» e poi approfondisce: «Non dobbiamo scendere sotto un certo livello, mi vergognerei. Per noi è importante essere uomini in questa situazione».
Poi ci sono Marco Lanna e gli altri del Cda, che si stanno spendendo senza risparmio, mettendoci sempre la faccia, per provare una soluzione a quello spaventoso buco nero in cui è stata infilata la Sampdoria. E, infine, ma non certo per ultimi, ci sono i tifosi che non mollano mai, che spingono sempre – a parte la parentesi di quei sei minuti di contestazione assolutamente comprensibile -, che sono un valore prezioso, fuor di ogni retorica.
La Sampdoria vive la sua crisi più profonda: mai dal 1946 c’è stato un momento di convergenza assoluta tra difficoltà in campo e rischio di un crollo societario. Oggi si sa benissimo che il piano salvezza del club è enormemente più difficile di quello sul prato. Ma dentro la Sampdoria – in campo, fuori, in gradinata - ci sono valori che non possono andare perduti. Sono il Dna di un’identità. Da dovunque si debba ripartire, non vanno perduti
Condividi:
Altre notizie
Tra i duellanti Barnaba e Radrizzani, c'è il Ravano a ricordare a tutti cos'è la Sampdoria
21/05/2023
di Claudio Mangini
Sampdoria in B, pesa (anche) quel "no" di Ranieri "perché in società c'è ancora Ferrero"
09/05/2023
di Claudio Mangini
Sampdoria, travolta anche la dignità. Per il futuro serve un progetto, non solo un salvataggio
01/05/2023
di Claudio Mangini
Samp, un acuto con lo Spezia per la dignità. Società, dalla crisi si esce con un atto di coraggio del Cda
17/04/2023
di Claudio Mangini
Samp, un'altra sconfitta "sporca". Ora il trittico della verità, per provare a sperare ancora
03/04/2023
di Claudio Mangini