Samp, un acuto con lo Spezia per la dignità. Società, dalla crisi si esce con un atto di coraggio del Cda
di Claudio Mangini
Ci sono pareggi e pareggi. Ci sono pareggi che sono mattoni per costruire un pezzo di campionato e pareggi che si sbriciolano senza lasciare nulla di concreto. Quello della Sampdoria domenica a Lecce è il pareggio più inutile di tutto questo campionato. E non è più neanche il pareggio dei rimpianti, perché quelli si erano esauriti, o quasi, la settimana precedente dopo la sconfitta a Marassi contro la Cremonese. Questo è il pareggio della certezza e della consapevolezza dei propri limiti, di una squadra mai in grado, per tutta la stagione, di compiere un salto di qualità.
Le attenuanti – va rimarcato subito – ci sono tutte. Dalla disastrosa situazione societaria alla lunga serie di torti arbitrali subiti, che non sono un alibi, ma un dato oggettivo, un peso che ha zavorrato e rallentato il cammino della squadra durante l’arco di questa stagione segnata. Per arrivare, e non è certo un dato minore, all’incapacità di cogliere, quasi mai, l’occasione degli scontri diretti o dei bivi che avrebbero potuto cambiare scenari e destino. Aggiungete la caratura non eccelsa del gruppo, la panchina cortissima anche in seguito a qualche infortunio importante (Audero, De Luca), qualche scelta tecnica discutibile. Sommate tutti questi dati ed eccola, la Sampdoria incapace di un’impennata, di un acuto che, anche nel caso di Lecce, seppure tardivamente, alla vigilia della partita con lo Spezia, avrebbe potuto dare un altro senso alle prospettive immediate.
La Sampdoria da Lecce torna con un punticino dopo quello che è forse il peggior primo tempo di questo campionato, raddrizzato da un tocco di classe di Jesé Rodriguez, probabilmente sottoutilizzato nelle recenti occasioni precedenti. Con un altro approccio, la Sampdoria avrebbe probabilmente potuto portare a casa l’intera posta, invece è rimasta spesso in balia degli avversari e non ha avuto la convinzione per tentare il colpo pieno nel finale, una volta riagguantato il pareggio.
Si riparte dallo Spezia, sabato prossimo, ed è una sfida che non potrà riaprire il campionato ma ha un valore simbolico: vincere per una questione di dignità e far capire che, davvero, la Sampdoria non mollerà fino alla fine della stagione, magari ponendosi il terzultimo posto, tutt’altro che facile a questo punto, come obiettivo. Ma giocare in queste condizioni non è facile. E non solo per la pressione che, fino alla partita con la Cremonese pesava maledettamente – come dice Stankovic – sul gruppo e poi per la successiva tremenda delusione. Ma, soprattutto, perché non è facile andare avanti con la consapevolezza che, oggi, non c’è né un progetto né un futuro certo. Nessuno tira indietro la gamba, questo non lo pensiamo, ma quanti, nella rosa attuale, hanno la certezza di far parte di uno scenario prossimo venturo in casa blucerchiata? Nessuno. E, insomma, andare avanti così è maledettamente difficile.
Il futuro societario, lo sappiamo, è una partita a scacchi la cui posta in palio è la salvezza della Sampdoria. L’avvocato di Ferrero, Pieremilio Sammarco, fa sapere che dal trust si deve passare. Ma nessuno, allo stato attuale, intende farlo. Il finanziere Alessandro Barnaba ha presentato un progetto. Edoardo Garrone, che lo sostiene, ribadisce di esserci ancora, ma solo in presenza di progetti seri e soprattutto indirizzati solo al bene della Sampdoria. E il ticchettio dei count down, con le dead line inderogabili degli adempimenti fiscali, degli stipendi da pagare e dell’iscrizione al campionato diventa un rombo assordante.
Serve, disperatamente, una soluzione che, al momento, sembra andare in un’unica direzione: una presa di posizione del Cda, la chiusura anticipata della composizione negoziata per aprire la strada alla liquidazione giudiziale. Con i tempi strettissimi a disposizione, questo appare oggi come un percorso obbligato per consentire al piano Barnaba (che avrebbe già incassato il parere favorevole della Figc) di essere "costruito" per l'acquisizione del ramo sportivo di azienda.
Nulla di facile e scontato, sia chiaro, ma i margini operativi sono ridotti. Significherebbe lavorare per salvare la categoria e l’intera Sampdoria. Una volta nelle sue mani, sarebbe infatti il Tribunale (e non Ferrero) a decidere le sorti della società blucerchiata: e tra l'opzione di lasciar fallire tutto e quella di salvare qualcosa e qualcuno (compresi i circa 40 dipendenti della Samp e le aziende fornitrici del territorio, verso le quali ci sarebbe la disponibilità di Barnaba a trovare soluzioni), potrebbe propendere per la seconda opzione, stralciando la cosiddetta bad company (compresi i debiti con il fisco) e consentendo al finanziere romano di acquisire la parte "buona", sebbene gravata da debiti.
P.S.: nel malaugurato caso di fallimento, e facendo tutti gli scongiuri del caso, resta la speranza della C anziché della D. Il tutto, ovviamente, appeso a eventuali (e non infrequenti) rinunce alla categoria. Nel caso, si valuterebbero i palmares, e la Sampdoria non avrebbe difficoltà a guadagnare la categoria superiore. Ma a uno scenario simile nessuno vuole pensare.
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