Sampdoria, travolta anche la dignità. Per il futuro serve un progetto, non solo un salvataggio
di Claudio Mangini
Basta giocare a nascondino, ognuno si assuma le proprie responsabilità
Così no. Così è proprio quello che nessuno voleva vedere, che nessun tifoso sampdoriano meritava. Lottare, battersi, provarci, stare in campo e mettere in difficoltà l’avversario, non spalancargli la strada, magari provarci e non riuscirci. Ma così no. Perdere 5-0, non esserci con i muscoli, con la testa, non esserci con il cuore. Non provare ad essere un problema per l’avversario. Non essere una squadra. Ecco, questo è successo a Firenze. La Sampdoria, dopo il gol, non c’era più. Sgretolata, polverizzata, travolta.
Così fa male, così è un’agonia che non vedi l’ora finisca. E meno male che c’è un turno infrasettimanale, così l’agonia si accorcia. Ma è troppo semplice cercare le attenuanti. Che ci sono, indubbiamente. Ma che non devono essere un alibi, mai. Perché Marco Lanna non ci dorme la notte. E i giocatori finiranno per prendere gli stipendi del trimestre nei tempi anche stavolta (a differenza di molti dipendenti della società in arretrato di varie mensilità). E, allora, basta giocare a nascondino e ciascuno si assuma le proprie responsabilità.
Lo ha detto anche Deki Stankovic, che stavolta è sembrato pietrificato in panchina. Non era lui, non aveva le forze, spossato da una polmonite e dalla febbre alta. Ma ha colpito che sul viso non affiorasse neppure la rabbia: rassegnazione, semmai. Al tecnico serbo si possono imputare molte cose – scelte tecniche, cambi intempestivi, giocatori amati troppo e amati troppo poco, trascurati – ma non il cuore, la sua grinta. Eppure stavolta è stato tutto un patatrac.
Ma bisogna cominciare dall’inizio. Una partita non certo spettacolare, meglio la Sampdoria della Fiorentina per mezz’ora. La Sampdoria a frenare i viola e due occasioni da gol. La prima che, per l’ennesima volta, grida vendetta: uno-due e palla smarcante per Lammers che, con tutta la porta davanti batte con il peso all’indietro, mal coordinato, sprecando e mandando altissima una gigantesca palla-gol (l’ennesima di questa sua parentesi blucerchiata) come da un giocatore di serie A non ci si può aspettare. Poi, splendido cross da sinistra di Augello e Gabbiadini che non ottimizza nel contrasto con Milenkovic a due passi dalla porta spalancata. Poco dopo, l’uscita di scena di Leris per un’entrataccia e il buio totale. In campo l’ectoplasma Djuricic, sostituito 44 minuti dopo, prima della mezz’ora della ripresa, sul 3-0).
Poi, l’1-0 nel recupero del primo tempo. Quindi, il nulla nell’intervallo. Cambi? No. Jesé Rodriguez a marcire in panchina, Quagliarella per l’ennesima volta spettatore non pagante. E non si fanno discorsi da bar sport: il capitano ha quasi mai inciso quando è entrato. Ma perché Lammers sì e lo spagnolo no? Perché farlo entrare solo al 28’ della ripresa? Perché non provare, sotto di un solo gol, a pungolare l’orgoglio di Sabiri di fronte al suo futuro pubblico? E, invece, quando esce Oikonomou – uno dei pochissimi a salvarsi – entra Murillo e prende un giallo per fallo di mano dopo pochi secondi. E non c’è più difesa, non c’è più filtro, non c’è Zanoli che fino a poche settimane fa accendeva il gioco sulla fascia destra, non c’è Winks a dare geometrie e trovare linee di passaggio, non c’è El General Rincon che, invece, le linee di passaggio le sbaglia come un compito di geometria riuscito male. Non c’è attacco e non c’è Samp.
Travolti, nella brutta figura. Stankovic dice che chiederà un confronto. Che è difficile salvare qualcuno, a partire da se stesso. Qualcuno rema contro? Non crediamo. Qualcuno non rema più? Evidente, palese. La Sampdoria si è sgretolata e questa stagione deve solo finire in fretta. Ma ci sono sei partite e un mese davanti. Qualche tifoso dice: “Mandiamo in campo la Primavera”. Ma no, lasciamo la Primavera al suo buon campionato, dove Montevago, migliorato dall’esperienza in prima sqaudra, segna molti gol e cresce.
Si gioca subito, col Torino. Non sono da escludere contestazioni. C’è l’ennesimo bivio, e stavolta non è più di classifica. E’ il bivio tra finire con la dignità che la Sampdoria del dopo sosta Mondiale aveva sempre mostrato (tranne il pessimo primo tempo di Lecce), prima di Firenze, e lo svacco. Questi tifosi, che hanno dovuto digerire una stagione pessima e pure quest’ultima umiliazione, non meritano ulteriori schiaffi. Solo impegno e unità. Stankovic se ne andrà, o verrà licenziato in queste ore? Non crediamo né alla prima né alla seconda possibilità. E’ tutto dietro l’angolo, anche la possibilità di un riscatto, un sussulto di orgoglio contro il Torino.
E’ una stagione nata male, con mille errori e infinite difficoltà, lo sappiamo tutti. Condita da parecchi torti subitì e un bel po’ di sfighe varie. Ma è inutile guardarsi indietro e fare l’elenco dei se. Qui siamo e da qui bisogno solo finire con dignità in campo.
Fuori, dopo giorni di cieli nerissimi sembra apparire qualche schiarita in termini di soluzioni possibili per evitare il fallimento della società. Inutile commentare e assegnare percentuali. Inutile illudere e illudersi. Solo una cosa: se qualcuno arriverà a salvare la Sampdoria, arrivi non per dare un po’ di ossigeno e rinviare il crollo. Serve un piano, una strategia, linee guida, una linea di comando chiara, un progetto. Un anno e mezzo fa la Salernitana camminava sul baratro, domenica ha rinviato la festa scudetto del Napoli con una grande prestazione, una squadra, un allenatore e una dirigenza. Serva da esempio, se qualcuno vorrà salvare questa povera, ingiuriata, Sampdoria.
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