Revoca concessioni: notte dei lunghi coltelli tra i ministri?
di Paolo Lingua
In linea teorica, nel corso della notte, dovrebbe decidersi a livello di governo (e si dice che ogni ministro volerà in forma palese) se proceder o meno alla revoca delle concessioni alla società Aspi. Su questa scelta sembra indirizzato il presidente del consiglio Giuseppe Conte, fortemente condizionato dal M5s e dai partitini dell’estrema sinistra.
Non importa se l’annuncio parziale (con un passo avanti e mezzo passo indietro) ha già provocato un crollo in borsa del titolo e pesanti danni per 14 mila risparmiatori piccoli azionisti. Ma sul gruppo, collegato ad Atlantia della famiglia Benetton, pesano le preoccupazioni dei numerosi azionisti stranieri, gruppi cinesi compresi. In parole povere: sull’intera vicenda pesano interessi complessi e contrapposti. Ci sono poi elementi da non sottovalutare: è difficile pensare che Aspi (e Atlantia) stiano con le mani in mano. Scatteranno all’assalto con batterie di superavvocati. La penale che lo Stato potrebbe pagare potrebbe essere sui 23 miliardi. Ma poi ci sono i 7 mila dipendenti a rischio. Infine, va ricordato che se lo Stato si accollerà la gestione autostradale, dopo la statalizzazione, si dovrà accollare la manutenzione con una complessa riorganizzazione. Nominerà un commissario? Sarà una interpretazione super-burocratizzata del tanto invocato “modello Genova”?
Le domande si infittiscono e le risposte si fanno sempre più affannose e complicate. Ma, in questo momento, sul piano politico, salvo sorprese della notte o dei prossimi giorni, le risposte sembrano ancora più confuse. Conte ha il respiro affannato, anche perché dal suo tour in Europa non ha portato a casa le vittorie nelle quali sperava. Angela Merkel ha posto non pochi paletti metodologici. D’altro canto sembra che il M5s, dopo u n periodo di crisi e di rapporti complessi al proprio interno, abbia rialzato la testa, mentre il Pd, come è stato osservato da molti e non solo dai partiti di opposizione, sembra affannato e preoccupato, sempre più succube dei grillini.
Quale potrebbe essere la spiegazione? I piccoli colonnelli di un partiti che non ha più generali sono aggrappati disperatamente alle loro poltrone ministeriali? Con eventuali elezioni politiche, frutto d’una spaccatura, il Pd teme di non resistere all’opposizione? In questo contesto si allarga la divisione del Pd da Italia Viva e dai partitini di centro dagli ex radicali della Bonino a quel che resta dei socialisti o degli amici di Casini sino a Calenda. Poi su tutti incombe la cosiddetta riforma costituzionale con il taglio dei parlamentari, altra scelta grillina (solito moralismo sui costi della politica) che alle Camere il Pd ha avallato per il timore di perdere i sostegni populisti ma di cui ora si temono gli irreversibili danni.
Ecco che cosa può far esplodere nel capo politico italiano la drammatica vicenda della potenziale revoca autostradale, frutto del tragico crollo dell’ex ponte Morandi (che speriamo di non chiamare più così). Ma siamo alla vigilia del completamento e dell’inaugurazione del ponte ricostruito a tempo di record. Il ministro De Micheli aveva annunciato che, per il momento, il ponte che entro Ferragosto dovrebbe tornare a funzionare a pieno ritmo, dovrebbe essere consegnato ad Aspi. Il che ha fatto nascere la rissa nel governo.
Che cosa accadrà? I renziani sembrano nettamente contrari alla revoca alla cieca e così i piccoli partiti moderati. E proprio in Liguria, dopo quasi tre mesi di trattative al limite della farsa per trovare un candidato unitario del centrosinistra alle prossime regionali di settembre, potrebbe nascere un nuovo scontro. Ma, a quel che pare, i dirigenti del Pd, quasi annichiliti, sembrano disposti alla resa di fronte alle richieste grilline. Si annuncia la spaccatura con i renziani e una campagna elettorale quasi perduta per un centrosinistra ormai senza fiato e senza idee.
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