Passa la riforma che trasforma Alisa in Liguria Salute, scontro tra maggioranza e opposizione in Consiglio Regionale
di R.P.
Il centrodestra difende la riforma, pensata per "migliorare il servizio sanitario"; per il centrosinistra si "certifica il fallimento delle politiche sanitarie" della Regione

Alla fine la riforma che trasforma Alisa in Liguria Salute è passata con i soli, ma sufficienti, voti della maggioranza: l'opposizione in Consiglio Regionale ha invece votato contro al provvedimento "che certifica il fallimento delle politiche sanitarie del centrodestra". Avevamo raccontato la riforma nell'articolo che trovate a questo link (CLICCA QUI): la novità principale era rappresentata dal ritorno in Regione della governance sanitaria, mentre la vecchia-nuova creatura Liguria Salute ha compiti legati ad organizzazione e logistica.
Maggioranza - L'assessore alla Sanità Massimo Nicolò in aula ha spiegato che "con questa riforma, restituiamo alla Regione il pieno governo della programmazione sanitaria, rafforzando la capacità di indirizzo strategico e garantendo maggiore coerenza tra risorse, bisogni del territorio e servizi erogati. Non si tratta solo di un cambio di nome, ma di una profonda riorganizzazione che consente una gestione più snella ed efficiente. Oltre 7 milioni di euro saranno liberati dai costi di funzionamento e verranno reinvestiti direttamente nell’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza, a beneficio concreto dei cittadini. Liguria Salute invece assumerà un ruolo tecnico di supporto, vigilanza e controllo, diventando il punto di riferimento operativo per l’attuazione delle politiche sanitarie regionali. È quindi una riforma che punta a valorizzare le competenze e migliorare l’efficienza complessiva del sistema. Un cambio di passo necessario per rendere la sanità ligure più moderna e più sostenibile".
Sulla stessa linea le parole del consigliere regionale di Orgoglio Liguria e presidente della Commissione Sanità Marco Frascatore, che ha introdotto i lavori in aula: "Liguria Salute sarà un ente più snello e operativo, con specifiche funzioni tecnico-specialistiche. Questo disegno di legge nasce dalla necessità di rispondere tempestivamente ai cittadini, a fronte dell’aumento della domanda assistenziale e ha come obiettivo quello di perseguire la piena sostenibilità economica del nostro Sistema sociosanitario. Questa riforma è uno degli impegni presi dalla Giunta in campagna elettorale, sin da subito abbiamo avvertito il bisogno di rinnovare l’azienda e renderla più efficiente. Con Liguria Salute si risparmieranno circa 7 milioni di euro, tale cifra verrà utilizzata per potenziare i Lea-Livelli Essenziali di Assistenza. Avrà compiti operativi come l’individuazione di fabbisogni di acquisto di beni e servizi, i capitolati di gara, la logistica per il sistema, la valutazione costi benefici per l’introduzione di nuove tecniche e altre attività che di volta in volta assessorato e Area Salute e Politiche sociali di Regione decideranno di affidargli. A chi – conclude Frascatore - dall’opposizione, ci accusa di mancare di coraggio, rispondo che il vero coraggio sta anche nella consapevolezza che le cose possono andare meglio e nella determinazione di impegnarsi per migliorarle".
Opposizione - Dopo Frascatore in aula ha parlato il vicepresidente della commissione Sanità Enrico Ioculano, del Partito Democratico: "Per nove anni abbiamo denunciato il fallimento delle politiche sanitarie del centrodestra e il simbolo di questo fallimento, Alisa. Il centrodestra però non ha nemmeno avuto il coraggio di porre una riforma definitiva chiudendo definitivamente l'ente, si è limitato a trasformare il carrozzone in Liguria Salute con un'operazione di maquillage: una scelta a metà, mal concepita e priva del coraggio politico necessario per affrontare alla radice le criticità di sistema. Per anni abbiamo espresso forti perplessità, criticando l'accentramento eccessivo di funzioni, l'opacità gestionale e il rischio di un'eccessiva burocratizzazione, oltre alla deresponsabilizzazione degli apici politici, dovuta alla sua stessa deficitaria natura e conformazione. Alisa non è stato un ente super partes né a livello amministrativo, dal momento che ha svolto una funzione per ampi tratti politica, né a livello di gestione delle Asl, con risorse ripartite in maniera iniqua e non funzionale alla garanzia degli stessi livelli di assistenza in tutto il territorio. Per la sua particolare configurazione demografica e sanitaria, la Liguria deve diventare un laboratorio di sperimentazione nazionale, un luogo in cui si anticipano modelli, si testano soluzioni, si valutano risultati. Serve una riforma vera, una governance sanitaria che sia finalmente responsabile, trasparente e misurabile. In cui sia chiaro chi decide, su quali basi, con quali strumenti e con quali responsabilità. In cui si esca dalla logica autoreferenziale, dove tutto si muove per inerzia, e si avvii un processo coraggioso di ridefinizione del sistema a partire dai bisogni reali e dalle risorse disponibili, non dalle rendite di posizione o dal consenso a breve termine. La Giunta Bucci ha scelto la scorciatoia più facile: ritoccare Alisa, crearne un surrogato, senza avere il coraggio di mettere mano al sistema nel suo insieme. Hanno cambiato la forma, ma non la sostanza: hanno creato un nuovo contenitore, evitanfo di affrontare i nodi strutturali: la distribuzione delle responsabilità, il ruolo delle ASL, la vera programmazione dei servizi. Era questo il momento per cambiare davvero. Ma il centrodestra ha preferito accontentarsi ed evitare lo scontro con lo status quo. Se questa è la misura della loro ambizione, allora è anche la misura del loro coraggio, del loro cambiamento, del loro governo. E purtroppo, saranno ancora i liguri a pagarne il prezzo, in termini di disservizi, disuguaglianze, e sfiducia".
“Oggi siamo qui a discutere di un fallimento: il fallimento delle politiche sanitarie di questo centrodestra, alla guida della Liguria da dieci anni - ha dichiarato il consigliere regionale di Avs Jan Casella -. E il fallimento di Alisa, un’agenzia voluta fortemente dall’ex presidente Giovanni Toti, con prospettive mirabolanti per la salute dei liguri. Nel 2016, al momento di creare Alisa, la giunta Toti aveva promesso efficienza, efficacia, razionalità, economicità e coinvolgimento delle realtà locali: tutti obiettivi mancati. Se oggi siamo qui riuniti a discutere, è perché questo progetto ha fallito. E prima ancora che nella parte organizzativa, il vostro piano ha fallito nella cura della salute dei vostri concittadini. Le condizioni della sanità ligure sono disastrose. Le liste d’attesa sono lunghissime e spesso i pazienti ricorrono alla sanità privata per visite, analisi ed esami diagnostici, con una intollerabile rinuncia alla prevenzione per le persone coi redditi più bassi. Molti reparti sono stati chiusi, costringendo gli utenti a lunghi spostamenti in altri ospedali, dove si registrano ritardi nell’accettazione, peggioramento delle condizioni di salute e gravi situazioni di stress per il personale medico, sanitario e infermieristico. La preannunciata costruzione di nuovi plessi ospedalieri e la ristrutturazione di quelli esistenti è bloccata e rinviata a data da destinarsi. La vostra proposta presenta una quadrupla inadeguatezza: non tiene conto dei fallimenti attuali, non ha alcuna certificazione istituzionale, nasce in un contesto di squilibri finanziari e presenta gravi rischi futuri. A gennaio, avete deciso di tagliare 70 milioni di euro per il 2026 e il 2027 dai Livelli Essenziali di Assistenza, per coprire il dissesto finanziario. Questo taglio si ripercuoterà sulla qualità della sanità pubblica per i liguri. Il metodo adottato per arrivare a questa proposta è stato inadeguato. I tempi sono insufficienti: si prevedono appena 60 giorni per operazioni di estrema complessità. Si è evitato il confronto coi lavoratori e le organizzazioni sindacali. Manca la valutazione scientifica: è assente l’analisi dell’impatto e dei meccanismi di controllo. Purtroppo la giunta regionale vuole accentrare il potere decisionale in materia sanitaria. Questo significa politicizzare ulteriormente le scelte sanitarie e ridurre l'autonomia tecnica nella gestione della sanità regionale, quando servirebbe esattamente il contrario".
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