Genova, viaggio nella Nervi chiusa per Covid: "Senza aiuti moriamo tutti"
di Michele Varì
I baristi: "Assurdo, dobbiamo mandare via i clienti". La pizzeria resiste con l'asporto: "Senza aiuti siamo morti". Le locandine nei negozi: "Siamo soli"
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Alle 18 in punto la saracinesca del bar gelateria Chicco si abbassa lenta ma inesorabile ed è come un interruttore che spegne, una ad una, le luci del cuore di Nervi. Buio nelle strade, silenzio nella stazione, il nulla sulla passeggiata a mare dove si s'intravvedono solo le ombre dei runner e chi porta a passeggio il cane, insomma prove di lockdown.
Sulle vetrine delle eleganti boutique di via Oberdan le locandine della protesta dei negozianti: "Siamo di nuovo soli, solo con le nostre forze".
Un'idea della titolare del negozio di abbigliamento Rodrigo che ha subito riscosso consensi fra gli altri negozianti arrivando anche nelle vetrine del Porticciolo.
Prova a sorridere e non vorrebbe parlare invece la titolare cinese del ristorante bar all'angolo della piazzetta, con cui, inevitabile, il discorso cade sul virus e su come la Cina l'ha sconfitto: "Noi ci siamo riusciti isolando tutti i positivi in strutture come i palazzetti dello Sport, sì isolando anche gli asintomatici per evitare che potessero contagiare i familiari. Dovevate fare così anche voi, adesso è tardi".
Un'ora dopo, alle 19, Nervi, la Nervi dello struscio, del parchi e del roseto, dei macchinoni che spariscono nei garage dei residence, la Nervi del drink ai tavolini, di quella Nervi, non c'è più nulla. Tutto spento. Chiuso. E non solo per il buio e il gelo che scende fra saracinesche abbassate e strade vuote. Le uniche luci sono i barlumi dei pochi ristoranti e pizzerie che provano a resistere con il servizio a domicilio.
Il titolare della pizzeria La Spiga Gioacchino Salone in una via Marco Sala vuota è avvilito e racconta quanto è stata difficile anche la ripresa dopo il lock down senza un dehor. Lui che adesso, ad un'età da pensione, è costretto a trasformarsi in fattorino per consegnare le pizze a domicilio: "Noi lavoravamo solo la sera, ci manca la gente dentro, solo con l'asporto non riusciamo ad andare avanti. I dipendenti? Tre in cassa intregrazione dal primo lockdown. Ora lavoro solo io, mia figlia e il pizzaiolo. Aiuti? Sì da restituire, 25 mila euro, a fondo perso niente, e abbiamo dovuto spendere molto per sanificare tutto. Solidarità ne abbiamo ricevuto, ma non basta, senza aiuti concreti moriamo tutti".
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