Detenuto di Marassi positivo al coronavirus: ma da febbraio è ricoverato al San Martino

di Michele Varì

E' un settantenne. Lo rivela il sindacato Sappe, "noi agenti senza protezioni adeguate"

Video momentaneamente non disponibile.

Un anziano detenuto del carcere genovese di Marassi è risultato positivo al coronavirus. L'uomo, un italiano di settant'anni, è ricoverato da febbraio nell'ospedale San Martino per altre patologie forse legate al Covid-19. Per questo nessuno degli agenti e dei reclusi di Marassi è stato posto sotto quarantena.

Lo svela il sindacato degli agenti penitenziari Sappe che denucia la scarsa dotazione di sistemi di protezione dei poliziotti che operano nelle carceri.

"Le donne e gli uomini appartenenti al corpo di polizia Penitenziaria devono essere sottoposti, tutti e con urgenza al tampone per l’accertamento dell’eventuale contagio al Coronavirus. Anche alla luce dei tanti contagiati e di già di due decessi nella polizia penitenziaria avvenuti, per preservare i ristrettì da eventuali contagi incontrollabili in carcere". 

A denunciarlo è Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, che aggiunge: "Denuncio che non siamo dotati di un adeguato numero di idonee mascherine e guanti per fronteggiare l’epidemia in un contesto, come quello penitenziario, ad altissimo rischio. Al Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede chiedo di non ritardare ulteriormente un accertamento fondamentale per la sicurezza sociale”.

L’emergenza coronavirus e le proteste di inizio marzo (nel video la protesta dei detenuti di Marassi) hanno portato alla luce uno dei tanti settori colpiti dalle restrizioni per prevenire i contagi.

Il decreto ministeriale dell’8 marzo ha previsto infatti norme apposite per gli istituti penitenziari: i casi sintomatici dei nuovi ingressi devono essere posti in condizione di isolamento dagli altri detenuti; i colloqui visivi si devono svolgere in modalità telefonica o video; diventano limitati i permessi e la libertà vigilata.

Queste misure, volte a favorire un contenimento della diffusione del virus, si sono scontrate, riferiscono dal sindacato, con una realtà non semplice. Gli istituti penitenziari italiani soffrono di problemi cronici che periodicamente vengono affrontati ma non del tutto risolti. Ad oggi, come riporta il sito del Ministero della Giustizia, rispetto all’effettiva capienza delle carceri italiane, in grado di ospitare intorno ai 51mila detenuti, i reclusi effettivi sono oltre 60mila, di cui circa un terzo stranieri.

“Non abbiamo strumenti e mezzi idonei a fronteggiare questa drammatica emergenza”, prosegue Capece. “Mi sembra manchi la consapevolezza che un corpo di polizia dello Stato non può operare senza uomini, mezzi e strumenti in un contesto potenzialmente esplosivo come quello delle carceri, con una promiscuità costante. Ed allora la soluzione potrebbe essere quella di passare il corpo di polizia penitenziaria al Ministero dell’Interno”, conclude Capece.