"Dalla Cina a Genova con l'incubo del Coronavirus"

di Michele Varì

La storia della famiglia di San Fruttuoso negativa ai test e ancora in quarantena

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"Quando ci sono venuti a prendere a casa per portarci all'ospedale erano tutti vestiti come degli astronauti, ma è andata bene, sono stati tutti gentili, i militi della pubblica assistenza, i medici, e anche gli inquilini del nostro palazzo dove siamo molto uniti, come una grande famiglia e dopo poche ore siamo tornati a casa...>.

A parlare al telefono (perché ancora in quarantena per sette giorni) è Andrea ("In Italia mi chiamano tutti così"), 35 anni, negoziante, cinese di Genova che dopo trent'anni di lontanaza dalla Cina ha deciso di tornarci proprio a fine gennaio, in occasione del Capodanno cinese, per fare conoscere gli anziani nonni ai quattro figli nati a Genova: "Sì, siamo stati sfortunati a tornare proprio quest'anno, ma come facevamo ad immaginare del virus? Ora però va tutto bene".
Andrea e la sua famiglia hanno capito che la situazione era complessa quando sulla via del ritorno hanno fatto scalo a Parigi, da dove poi hanno preso un altro aereo per l'italia. "In Francia ci hanno detto di indossare sempre la mascherina, evitare di frequentare delle persone e non mandare i figli a scuola. Abbiamo eseguito con attenzione gli ordini".
Una volta a Genova, nella sua casa di San Fruttuoso, Andrea ha informato del viaggio l'Igiene pubblica della Asl che gli ha ripetuto le stesse prescrizioni ricevute in Francia. Poi l'altro ieri, ecco la svolta, l'incubo che si materializza: la febbre ad uno dei quattro figli: "Così hanno deciso di sottoporci ai test. Ci è venuta a prendere un'ambulanza (della Croce Bianca Genovese Nr) e siamo andati al San Martino, dove ci hanno sottoposto a esami, con tamponi al naso e alla gola ed è andato tutto bene e ora siamo a casa". 
"In quarantena", come ha riferito l'infettivologo Matteo Bassetti del policlinico San Martino, che vediamo nelle immagini del video durante la conferenza stampa della Regione con l'assessore alla Salute Viale e il governatore Toti, anche se Andrea sostiene che la sua è una quarantena volontaria, "io potrei già uscire..." assicura. 
In realtà non è così. l'infettivologo mi avverte che se avessi contattato di persona la famiglia cinese avrei rischiato di incorrere in sanzioni. Così prima sono andato a citofonare nel palazzo dove abita Andrea, per chiedergli un'intervista a distanza. Lui prima ha detto di no, poi ci ha ripensato ed è stato lui stesso a telefonare a Telenord per raccontare la sua storia.
"In Cina siamo stati un mese frequentando quasi solo i familiari. Abitiamo lontano da Whuan dove ci sono stati più contagi ed eravamo e siamo tranquilli. Speriamo solo che questa epidemia finisca presto perché la Cina è bloccata, è un Paese in quarantena". 
In quarantena come lui e la sua famiglia: "La spesa ce la porta una familiare, ci lascia i sacchetti dal portone, i vicini? Tutto bene, nessuna discriminazione, anche negli aeroporti durante il ritorno, anche se eravamo i soli con la mascherina, la gente quando vedeva i nostri bambini sorrideva, qui nel palazzo poi siamo tutti una famiglia". 
Per ultimo Andrea chiede di non fare del terrorismo: "Mi raccomando scriva in positivo, non crei altro allarmismo" esorta, lanciando anche un invito, "poi prendiamo un caffè?". "Certo", rispondo, "magari lasciamo passare ancora una settimana...".