Cimitero Staglieno, alla riapertura fra cumuli di terra ecco l'orrore del campo Covid19

di Michele Varì

Per alcuni defunti contagiati tombe con solo pezzi di lapide, nomi scritti a pennarello e prive della data della morte

Video momentaneamente non disponibile.

Non lapidi provvisorie con l'archetto e portafiori come tutte le altre tombe, ma cumuli di terra contrassegnati da pezzi di marmo o avanzi di altri targhe, a volte schegge, pietre su cui i nomi sono stati scarabocchiati con il pennarello, c'è la data di nascita ma non quella di morte. Una pena nella pena. La pietà negata, come il funerale mai celebrato e l'ultimo saluto ai propri cari.

Molti congiunti dei deceduti inoltre si sono trovati all'improvviso catapultati in un incubo fatto di quarantene e obblighi, anche economici, difficili da conciliare anche a causa dell'impossibilità di muoversi.
 
La riapertura del cimitero monumentale di Staglieno, a Genova, avvenuta stamane dopo due mesi di chiusura per motivi sanitari porta alla luce un campo dimenticato anche dai necrofori, e non solo: un angolo del grande campo 4 etichettato dagli addetti ai lavori come "campo covid", della cui esistenza si raccontava nei tragici giorni del picco della malattia, quando il cimitero era blindato e decine di carri funebri facevano la coda per accompagnare,  ma forse sarebbe meglio dire "scaricare", le vittime del virus nell'ultimo viaggio.
 
In quel campo delimitato da un nastro bianco e rosso di quelli che si mettono per impedire il passaggio in luoghi a rischio sono stati seppelliti circa novanta dei tanti, troppi, genovesi uccisi dal coronavirus che non sono stati cremati e molti altri defunti positivi al virus vi saranno tumulati nei prossimi giorni.

Deceduti, ma persone. Donne e uomimi, spesso anziani, ma nomi e cognomi, volti e storie che dopo avere subito l'umiliazione di essere stati abbandandonati sul letto di morte di un ospedale o di una residenza per anziani per paura del contagio, sono stati dimenticati anche dopo il decesso, come imponeva il decreto del governo.

E' normale che dal giorno dell'inumazione trascorrano dei mesi prima di completare una tomba, perchè si deve attendere l'assestamento del terreno, ma non è normale che al posto di una targhetta di marmo provvisoria del prezzo di circa 50 euro con i dati anagrafici venga apposto un pezzo o uno scarto di un'altra targa, un rifiuto, o un pezzo di legno con sopra scritti i dati angrafici con un pennarello, dati fra l'altro incompleti visto che in alcuni casi è stato omesso il giorno del decesso.
 
I regolamenti di polizia mortuaria dicono che la responsabilità dei sepolcri è dei familiari dei defunti: ma i cimiteri sono rimasti chiusi ai cittadini per due mesi e sino a oggi, sino all'avvio della Fase Due dell'emergenza Coronavirus. 

Fase Due che però non significa fine della pandemia: oggi solo nel comune di Genova sono stati celebrati altri cinquantadue funerali che confermano come il virus stia ancora seminando lutti e dolore nella nostra città: la media del picco era di settanta decessi, ma quella delll'anno passato appena di quaranta.


Abbiamo provato a chiedere spiegazioni del campo Covid di Staglieno.

Asef e Le Generali, le due agenzie di pompe funebri più importanti, assicurano che hanno garantito ad ogni tomba dei loro clienti la minima dignità: archetto e regolare lapide di marmo provvisoria con incisi date di nascita e di morte, lo stesso arredo funebre dei deceduti non contagiati in attesa della tomba definitiva.