Arcelor Mittal, fumata nera sulla mediazione: nulla di fatto al vertice in prefettura
di Marco Innocenti
I sindacati: "Qualcuno sta tramando alle spalle dei lavoratori e vuole ricattarli"
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"I lavoratori non sono una merce. Non siamo schiavi di Arcelor Mittal". C'era questo striscione, oggi, davanti alla Prefettura dove i lavoratori dello stabilimento Ex-Ilva di Cornigliano si erano dati appuntamento al termine di quella che, per le norme anti-covid, da manifestazione si era trasformata in una "passeggiata civile". Mancava - è vero - lo storico "Pacta Servanda Sunt" ma non certo la voglia di combattere e di dire no alla decisione dell'azienda di portare avanti la decisione di utilizzare la cosiddetta cassa covid per 200 lavoratori, oltre ai 450 già in cassa integrazione.
Dopo aver sciolto il corteo intorno alle 12.30, sindacati ed autorità si sono date appuntamento per le 16.00, per l'incontro a cui hanno preso parte prefetto, sindaco e presidente della regione, oltre ovviamente a rsu e sindacati. Arcelor Mittal, dopo aver mancato il precedente incontro sabato scorso, era presente in videoconferenza con i responsabili delle relazioni sindacali Arturo Ferrucci e Simone Cascioli. Quasi due ore di colloqui stretti ma, alla fine, la fumata è stata nera: nessuna mediazione è stata possibile.
"Noi chiedevamo di far rientrare i 650 lavoratori secondo il percorso condiviso fino alla scorsa settimana - ha commentato all'uscita dall'incontro il segretario generale Fim Cisl Liguria, Alessandro Vella - aspettando che il provvedimento per la Cassa Covid diventi ufficiale. A noi peraltro risulta che le commesse ci siano ma l'azienda si barrica dietro al fatto che i clienti sono in ritardo, soprattutto per lo zincato. La mediazione quindi non è stata accettata ma secondo noi dietro c'è una strategia ben precisa: governo e Arcelor vogliono rivedere il piano firmato il 6 settembre 2018 e qualcuno sta tramando alle spalle dei lavoratori. Non ci può essere che un motivo di carattere politico per rivedere quell'accordo. Noi non siamo d'accordo e la rabbia dei lavoratori è comprensibile, visto che i lavoratori di Genova sono stati i primi a rientrare in fabbrica dopo le misure anticovid, anche per senso di responsabilità verso il proprio lavoro e la propria azienda. Ora arriva quest'ennesimo schiaffo. Il rammarico è tanto e sulla base di questo abbiamo chiesto un incontro a livello nazionale per capire quale sarà la strategia che s'intenderà seguire".
"Noi eravamo disposti a mediare - ha dichiarato Bruno Manganaro, segretario generale Fiom Cgil Genova - ma quella di questi giorni è una scelta politica evidente, non c'entrano niente le commesse che non ci sarebbero e che invece noi sappiamo benissimo che ci sono. Andare avanti su questa strada serve solo ad alzare la tensione sociale negli stabilimenti per arrivare a ricattare il governo, per rivedere l'accordo di settembre, per incassare una cassa che ad oggi non esiste e chissà cos'altro. Arcelor sta usando tutte le leve a sua disposizione. Forse pensavano di cavarsela ma noi abbiamo deciso di rispondere. Domani saremo in assemblea e vedremo come reagire ma io intanto domattina andrò in tribunale per presentare un esposto sull'illegittimità della cassa covid".
Domani i lavoratori di Arcelor Mittal si riuniranno in assemblea all'interno dell'azienda per discutere le prossime misure da prendere. I sindacati nazionali, intanto, hanno già inviato una lettera unitaria per richiedere un incontro urgente ai ministri dello sviluppo economico Stefano Patuanelli e del lavoro Nunzia Catalfo.
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