Tutti i tormenti (e le gioie) del dopo elezioni in Umbria

di Paolo Lingua

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Tutti i tormenti (e le gioie) del dopo elezioni in Umbria

Ci vorranno alcuni giorni, in modo che le sabbie agitate si depositino. Per avere un’idea chiara di tutte le possibili evoluzioni politiche del dopo-elezioni in Umbria. Di per sé la radiografia è ovvia: l’alleanza di sinistra, ancorata sull’asse Pd-M5s, ha preso un’imbarcata. Certamente il Pd doveva tenere conto d’una giunta costretta alle dimissioni anticipate per uno scandalo della sanità con strascico giudiziario, ma a sua volta il M5s doveva considerare che non era agevole per il suo elettorato tradizionale abbandonare ogni polemica per sostenere, nel nome del potere, il Pd a tutti i costi. Inoltre, al di à delle questioni peculiari della piccola regione, è emerso che i due elettorati non sono entusiasti dell’alleanza di governo, anche perché non c’è un vero programma omogeneo, ma piuttosto un gioco di pressioni reciproche. Ora il centrodestra ha dimostrato che, al di là delle differenze tra i tre partiti (e che pure ci sono), l’andare insieme blindati è una scelta felice che porta quasi sempre alla vittoria.

Una vittoria che indubbiamente “incorona” Salvini, in pieno recupero di popolarità, dopo le pause oscure della crisi estiva. Fin qui gli esiti obiettivi e inconfutabili. L’elaborazione complessa del voto riguarda quello che accadrà nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Un futuro fumoso e incentro che potrebbe dar luogo a un accentuarsi die contrasti sulle scelte politiche e un rinnovarsi delle inquietudini interne al M5s e al Pd, realtà politiche inquiete e frammentarie, alimentate dagli interessi e dall’agitarsi delle ambizioni e dagli interessi di “capetti” e gruppuscoli l’un contro l’altro armati.  Al tempo stesso, tra delusioni e inquietudini, i partiti al governo per il momento non hanno alcun  interesse a dir vita a una crisi che porterebbe a elezioni politiche dagli esiti ancora più rovinosi. E’ un ragionamento che vale anche, per il momento, al “terzo incomodo” della coalizione, ovvero il movimento di Matteo Renzi che ha deciso di non correre alle regionali e di assestarsi per il momento raggruppando nei comuni, nelle regioni e in Parlamento dissidenti del Pd. Una crescita che per il momento non corrisponderebbe, secondo i sondaggi (sempre da prendere con beneficio d’inventario)al favore dell’elettorato. Renzi, come è probabile, sarà per i prossimi mesi un alleato inquieto e pungente, ma che non punterà alla rottura se non tra un anno, dopo aver ponderato l’esito del voto nelle regioni (otto, Umbria già compresa)  che, via via, andranno alle urne entro maggio del 2020.

La prima prova, certamente più pesante di quella dell’Umbria, sarà alla fine del gennaio prossimo quello dell’Emilia Romagna. Poi, via via, tutte le altre, Liguria compresa. A questo proposito emergono non pochi interrogativi. Nei giorni scorsi so0no sorte, come funghi visto che è la stagione, non poche candidature per il centro sinistra nella prospettiva d’un asse  Pd – grillini. E pare che l’ispiratore “mediatico” sia Claudio Burlando, arroccato a Torriglia, decisamente fuori gioco, ma oscillante tra Pd e renziani.  In realtà nessuna delle proposte sembra trovare una sponda, anche degli stessi interessati. Un atteggiamento che, dopo il risultato dell’Umbria, sembra essersi accentuato. La candidatura a presidente non suscita entusiasmi, senza contare che il Pd e il M5s in Liguria hanno posizioni opposte in moti settori strategici, dalle infrastrutture alla politica portuale. Hanno avuto un recente passato di duri scontri. Più facile la via del centrodestra che, visto l’esito delle regionali di domenica, accentua il suo compattamento che fa superare anche i dissidi stizziti tra Toti e Berlusconi. Uniti per vincere e poi si vedrà, mentre a sinistra cresce l’affanno. Ma da qui alla prossima primavera ci sono ancora oceani in tempesta da attraversare.