Tutte le incertezze dei prossimi mesi

di Paolo Lingua

4 min
Tutte le incertezze dei prossimi mesi

Sono arrivate stamani dal governo le decisioni – a tempi brevi – che peraltro ci aspettavamo da giorni. La rigida clausura dei cittadini durerà sino al 13 di aprile; le scuole non riapriranno e si annunciano oltre che il “tutti promossi” anche la “maturità solo orale”; c’è un ambiguo permesso di bambini che possono passeggiare sotto casa con un solo genitore (disposizione contestata dalle regioni Lombardia e Campania); infine, ma lo si sapeva già, il referendum e le elezioni regionali sono rinviate all’autunno (ma quando? Fine settembre, ottobre, primi di novembre? Non si sa). Si ha ancora una volta la precisa sensazione che il governo, incerto sull’andamento dell’infezione del coronavirus, abbia scelto la politica dei piccoli passi. In pratica non siamo capaci di guardare oltre i quindici giorni. Ma perché? Giuseppe Conte e i suoi ministri difficilmente risponderebbero a una domanda diretta, ma la precisa sensazione è che nessuno ha un’idea precisa di quando e come scatterà la discesa della diffusione del coronavirus per cui si preferisce andare a tentoni, anche perché alle spalle del governo ci sono molte categorie imprenditoriali che premono per una ripartenza, sia pure a scaglioni. Il governo, al di là delle sue fragilità interne (basta pensare al M5s che in un momento di crisi tanto grave insiste sullo spot veteromoralistico del taglio degli stipendi dei parlamentari di cui non parla più neppure Beppe Grillo) e del tira e molla, anche questo di vago sapore elettorale, con i tre partiti dell’opposizione di centrodestra, teme adesso di dover affrontare tra l’estate e l’autunno una grave crisi economica. I dati diffusi ancora oggi, oltre al continuo crollo delle Borse, sono preoccupanti in tutti i vari settori economici e produttivi. Il settore agroalimentare con tutte le produzioni connesse (compresi i fiori e le eccellenze da export) è allo sfascio. Altri ambiti produttivi hanno i mercati bloccati. Per restare in Liguria sono giunti ancora oggi dati negativi nei vari ambiti del mondo portuale e dello shipping. Anzi, per iol prossimo trimestre si annunciano altre pesanti flessioni: si oscilla dal meno 20 -30 % persino nel campo dei containers per scendere a un taglio secco del 90% nel settore turistico delle crociere. C’è la flessione dei traghetti e una diminuzione d’un terzo del lavoro della Culmv, mentre si riempiono i parcheggi degli autocarri dei trasportatori. La crisi portuale è la conseguenza ovviamente di una stasi internazionale, dai mercati asiatici a quelli americani, sempre a causa dei blocchi provocati dalla diffusione del coronavirus. E uno degli aspetti irrisolti dell’incertezza in cui viviamo è capire, ma non è facile, come evolverà l’infezione in quei paesi e quanto dureranno gli effetti riflessi sull’economia.

A questo proposito si allunga il punto interrogativo su quelle che saranno le decisioni di strategia economica e finanziaria dell’Europa, un braccio di ferro che per il momento resta irrigidito. La Germania, l’Olanda e gli Stati dell’Europa del Nord dicono no agli “eurobond” che pure dovrebbero consentire alle banche nazionali di finanziare sia il settore sociale (dipendenti che rischiano il lavoro o lo hanno già perduto) senza tema di indebitamento e a tutti i membri della UE di “sfondare” i limiti del deficit per poter dare una spallata all’economia e Farla riprendere in tempi rapidi, diluendo nel tempo il ripianamento dei debiti contratti, un po’ come si era verificato nel dopoguerra. Non va dimenticato, fatte le debite differenze, di come decollò il “boom” italiano.

Si dovrà arrivare, dicono gli esperti, a un compromesso, ma non potrà essere una trattato di piccoli scambi di favori per evitare problemi politici in tutti gli Stati. Si dovrà arrivare a un progetto strategico, articolato e coerente che abbia in sé una visione prospettica della complessa realtà economica dell’Europa. Gli Stati Uniti hanno deciso nel rovesciare, soprattutto sulle imprese, una cascata di liquidità, sia pure nella consapevolezza d’essere un Paese in grado di recuperare e di avere la possibilità di crescite impetuose. In Italia, accanto a tante problematiche, c’è un nemico sempre in agguato: la burocrazia e il sistema legislativo-amministrativo che ha una funzione frenante, soprattutto se sorgeranno dappertutto veti incrociati. Non è un luogo comune. Se davvero ci sarà che rischia la chiusura o comunque andrà verso il ridimensionamento ci sarà un tentativo di frenare chi invece potrebbe accaparrarsi larghe fette di mercato in tutti i campi. Il che vorrà dire: cause, incidenti, ricorsi e via discorrendo. Conte e i suoi ministri sono chiamati alla prova decisiva.