Silvia Salis: "Io sfidante della Meloni? Mi aspettano cinque anni a Genova, la città che amo"
di steris
"La classe dirigente del centrodestra è sicuramente inferiore a quella del campo progressista, questo anche a livello nazionale"

“Mi aspettano cinque anni a Genova, la città che amo. Non mi muovo di lì”. Con queste parole, Silvia Salis, neosindaca del capoluogo ligure, ha chiarito di non avere ambizioni nazionali per il momento, smentendo le ipotesi che la vedrebbero in futuro come possibile sfidante della premier Giorgia Meloni.
Una linea di condotta, quella della coerenza, che Silvia Salis - intervenuta a La7 - rivendica come chiave del suo successo elettorale: “Credo di aver avuto una coerenza tra quello che sono, quello che dico e come lo dico – ha affermato – in politica la coerenza paga sempre, anche nella vita, però in politica particolarmente perché l'elettorato percepisce la coerenza che sia di destra o di sinistra”.
La neosindaca ha poi criticato duramente il centrodestra, definendolo “appiattito sui temi per conservare il potere”: “È una cosa che certamente rende più semplice stare insieme, ma più scarsa l'azione di Governo”. Secondo Salis, la vittoria del centrosinistra a Genova è anche frutto della debolezza dell’avversario: “La loro classe dirigente è sicuramente inferiore a quella del campo progressista, questo anche a livello nazionale”.
Silvia Salis non ha risparmiato nemmeno i toni usati dal centrodestra durante la campagna elettorale, giudicandoli vuoti di contenuti: “Rappresentano loro stessi, è la cosa che li qualifica di più nella loro azione di Governo: i loro interessi”.
Rispondendo a chi dava in difficoltà la coalizione progressista, Salis ha parlato apertamente di una “vittoria rumorosa” ottenuta nonostante i pronostici avversi: “Il centrodestra ha ipotizzato un crollo della nostra coalizione… abbiamo passato tutte le tappe con una serie di gufi, parola tanto cara alla destra, che dicevano che non saremmo arrivati alle elezioni”.
Infine, ha voluto precisare cosa intenda per campo progressista, delineandone un'identità chiara: “I progressisti sono tutti gli elettori, la parte d'Italia, che si riconoscono in una politica che parla di lavoro, tutele, infrastrutture sociali senza dimenticare l'industria e l'impresa, parla di diritti senza paura, ritorna a parlare di sicurezza senza aver paura di usare questo termine che abbiamo regalato alla destra e non è di destra”.
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