Sarà complicata la marcia per l'accordo pd - m5s in Liguria

di Paolo Lingua

3 min, 14 sec

Il punto di Paolo Lingua

Sarà complicata la marcia per l'accordo pd - m5s in Liguria

Secondo indiscrezioni, più o meno fondate, che trapelano dai media sarebbe iniziata, con approcci “laterali” (almeno per il momento) la “longa marcia” per dar vita a un accordo Pd – M5s che punti a vincere le elezioni regionali della prossima primavera in Liguria. C’è una prova generale che verificheremo in tempi stretti in Umbria (dove i grillini hanno spento la corrente elettrica contro il Pd, travolto da un mezzo scandalo in Umbria) regione storicamente “rossa” ma dove la sinistra ha dovuto fare “di necessità virtù” per non perdere un centro di potere. Poi dovrebbe essere il passaggio, più delicato, in Emilia Romagna, anche qui con il piede sul freno del M5s che da mesi sparava a zero sul Pd. La Liguria, dove il Pd e i suoi alleati hanno perduto in pochi anni la Regione e tutti i capoluoghi di maggiore importanza (Genova, La Spezia, Savona, Sarzana, Albenga, ecc.), sarà un altro banco di prova determinante.

Però, anche nella nostra regione, le battaglie del più recente passato sono state molto dure. I grillini hanno fatto l’impossibile contro la Tav, continuano a sparare sulla Gronda e ogni giorno ne propongono un differente progetto sempre più ridotto; sono ostili di fatto al potenziamento delle riparazioni navali e a un assetto dello scalo che possa accogliere le navi di maggiore tonnellaggio. Al tempo stesso, alla luce della vecchia politica, il Pd ha l’affanno su tutta la strategia del colle degli Erzelli, dove non pare facile collocare il potenziale nuovo ospedale e le facoltà di Ingegneria e di Architettura. In sostanza il M5s punta, se non proprio alla vecchia “decrescita felice”, a limitare gli spazi e gli allargamenti delle grandi opere e delle nuove infrastrutture, un campo di intervento che , invece, è oggetto dei contenuti politici e amministrativi del Pd, con il sostegno – doppio in questo caso -  dei sindacati e di larga parte del mondo imprenditoriale. E, curiosamente, si tratta di contenuti operativi che vedono favorevole tutto il centrodestra, attualmente al governo delle istituzioni locali, dalla Lega a Fratelli d’Italia e in particolare di Forza Italia e di “Cambiamo!”, il nuovo partito del governatore Giovanni Toti.   Sulla base di queste premesse la battdglia elettorale che potrebbe nascere e scintillare nella prossima primavera non sembra facile da impostare. Chi rinuncerà ai contenuti? Il Pd inclinerà verso un ecologismo d’accatto, oppure il M5s m si rimangerà le sue vecchie polemiche , tra l’altro sostenute in gran parte dai piccoli partiti dell’estrema sinistra, “usciti” qualche anno fa dallo stesso Pd? E poi, argomento non certamente ultimo del quadro generale, come sarà scelto il candidato presidente me come saranno individuati i potenziali assessori? Si farà come in Umbria una cernita “dalla società civile”, con personalità esterne alla politica? Una strategia che forse i grillini possono accettare, ma che non sembra facile far digerire ai quadri consolidati del Pd, un partito che ha un forte matrice di militanti politici. E, infine, come si muoverà il partito renziano? Sembra che, come in Umbria e in Emilia, Renzi non intenda scendere in campo con liste ufficiali del suo movimento in via di organizzazione.

Ma gli amici di Raffaella Paita e dei quadri, per ora non vistosi, già usciti dal Pd, che cosa faranno? Come si schiereranno? Per adesso è tutto un mistero, considerato che le posizioni, anche a livello nazionale, non sono sempre coincidenti con le scelte di governo, anche se poi è stato Renzi a forzare la mano a Zingaretti per arrivare all’accordo con il M5s ed evitare le elezioni, obiettivo a cui puntava Matteo Salvini (e che a Zingaretti non dispiaceva). La nuova politica, rispetto ai modelli classici della Prima Repubblica, certamente cinica ma più razionale non è di facile interpretazione perché è volubile, evanescente e si muove, a destra come a sinistra, a zig zag. Spostamenti repentini che rendono strabico l’elettore. E, di conseguenza, imprevedibile nelle sue scelte.