Sampdoria mai orfana come oggi, qualcuno batta un colpo
di Stefano Rissetto
Pare che del Doria, nei palazzi di una Genova che ha potenti assortiti, non interessi niente a nessuno, altrimenti tre anni fa sarebbe finita in mani migliori
La vera partita da vincere è quella contro la rassegnazione. Non tanto per l'esito del campionato, quanto per la sorte della società. Daremo aria a queste stanze molto prima che sia Natale, cantava un sampdoriano appartato come Ivano Fossati, prima che l'ossido di carbonio cominci a farci male. Ma anche Natale potrebbe essere troppo tardi.
L'asfissia è infatti la metafora spietata della condizione in cui versa la Sampdoria da anni, troppi anni. Una totale mancanza di prospettive che richiama il motto di un filosofo nordeuropeo: "La nave è ormai in mano al cuoco di bordo; e le parole che trasmette il megafono del comandante non riguardano più la rotta, ma quel che si mangerà domani".
Che fare? Forse non basterebbe un contravveleno ordinario. La situazione è giunta a un punto di quasi non ritorno. Una realtà cara a una moltitudine che porta 20mila persone ad abbonarsi al buio è in ostaggio di una confraternita di sconosciuti, che non solo si sono scambiati tra di loro in corsa - a comprare era stato Manfredi per conto di Radrizzani e del QSI, poi ci siamo trovati uno di Singapore e un inglese e un danese, come nelle barzellette, e tutto questo senza spiegazioni - ma soprattutto che non sanno cosa fare però lo fanno malissimo, oppure lo sanno ed è ancora peggio.
A questa quasi catastrofe siamo arrivati dopo decenni di autocontemplazione, un paese dei balocchi fatto di "noi siamo noi", "io penso a tifare e non parlo di società", "come gestione non puoi dirgli niente", "gli altri ti avrebbero preso dal fallimento" e altre amenità, canticchiate mentre ci stavano distruggendo quel che ci era più caro, ma allora vuol dire che poi così caro non lo era. Ci siamo trastullati nella rappresentazione di una finta famiglia da mulino bianco dove la condiscendenza, non di rado servile, verso il padrone di turno o probabile - per quanto fosse evidenti a occhio nudo orientamento e prospettive - si accompagnava a una ferrigna ferocia contro chiunque non se la bevesse. Chi metteva in guardia l'ambiente contro il viperetta, contro la pittoresca combriccola del finto sceicco, contro le evidenti e plurime contraddizioni, reticenze, bugie del duo Radrifredi andava al massacro, veniva additato come nemico di classe, nemico della Sampdoria. E' tutto agli atti.
Non dico che la colpa sia di chi ha assistito inerte o, peggio, complice allo sfascio; dico che ci si sta svegliando troppo tardi, più per lavarsi la coscienza che per fare qualcosa. E lo si fa con proposte opinabili se non deliranti. L'azionariato popolare in Italia non ha funzionato da nessuna parte. Lasciare vuoto lo stadio ha ancora meno senso. Mette poi tenerezza la parola "cordata", un altro congegno che mai ha funzionato nel calcio: l'idea che si possa assemblare una decina o ventina di finanziatori, che ci metterebbero un milione a testa, collide con le dimensioni di quella che si profila come una onerosissima ricostruzione postbellica dalle macerie.
Non c'è altra strada che individuare qualcuno che primo abbia i mezzi e secondo voglia farsi carico della ricostruzione. Il tutto nel rispetto di uno dei motti meno citati del frasario di Paolo Mantovani, frasario spesso travisato e piegato a interessi contingenti, se non capovolto rispetto alla personalità di uno che non voleva perdere neanche a pari e dispari, altro che farlo passare come un candido indifferente al risultato per giustificare il declino avviato dopo di lui, fugacemente frenato agli inizi del millennio, poi ripreso a rotta di collo. Mantovani disse: "Il numero ideale di persone al comando di una società è dispari e inferiore a tre". Altro che 'cordate'. Nello stemma sociale c'è un marinaio, non un rocciatore.
Come si trova una figura in grado di risanare i conti della società e al tempo stesso, altrimenti è tutto inutile!, di riportare la squadra non dico a Wembley, ma almeno in quella serie A che, certificano le statistiche, è la sua casa naturale?
Non servono "cordate" e nemmeno collette una tantum, sia pure milionarie. Serve attivare una rete di relazioni e contatti ad alto livello in grado di attirare personaggi solidi e credibili. Mai come in questi anni, per indubbio effetto a lenta combustione del mantovanesimo, c'è una importante presenza di sampdoriani nelle istituzioni e nei posti di potere economico e imprenditoriale. La storia - a ogni livello territoriale - abbonda di esempi di alti esponenti istituzionali che, nel pieno rispetto delle regole e senza cadere nell'abuso di ufficio o di potere, hanno agito utilmente per sostenere, talvolta salvare, la squadra a loro cara.
Certo, in questo 2025 sembra di vivere una realtà distopica, che vede una società mai e poi mai privilegiata - dal tentativo di soffocamento nella culla prima nello stesso 1946 e poi all'atto della trasformazione in SpA con causa civile pro scioglimento datata 1972, fino alla distruzione sul più bello dello stadio col pretesto del Mondiale - dipinta come espressione di un potere che pure negli anni le aveva inflitto Trentalange, lo slittamento di un anno del processo per illecito al Lecce, la condiscendenza generale prima verso l'irruzione del viperetta e poi verso la proprietà più opaca della storia del calcio italiano.
La Sampdoria non è mai stata così orfana come oggi. Chi può e ha conoscenze e rapporti ad alto livello, nel rispetto delle regole e nella consapevolezza del valore sociale di una realtà ormai storica, provi quindi a sondare soggetti in grado di salvare la società e di restituirla al suo rango.
Ma l'impressione sconsolante è che della Sampdoria, nei vari palazzi di una città che pure ha potenti di ogni genere, non interessi niente a nessuno, altrimenti tre anni fa sarebbe finita in mani migliori e oggi non sarebbe in queste condizioni; nessuno nei fatti ad essa vuole bene, compresi quasi tutti quelli che dicono di amarla e che però hanno assistito inerti o, peggio, complici, a questo sfacelo. C'è ancora tempo ma sta finendo. Genova, la Genova sampdoriana, batta un colpo. Bisogna dare aria a queste stanze, molto prima che sia Natale.
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