Addio a Francesco, il Papa degli ultimi "venuto dalla fine del mondo", ha salutato i fedeli a Pasqua
di Stefano Rissetto
Il Pontefice è morto a 88 anni, vinto dai problemi alle vie respiratorie, dopo un lungo ricovero e il ritorno in Vaticano. Era stato eletto il 13 marzo 2013

L'ansia dell'attesa non si misura con il valore di ciò che si attende. Papa Francesco è morto a 88 anni alle 7,35 nella sua residenza a Santa Marta, in Vaticano, dove era tornato dopo un lungo ricovero al Gemelli. Ieri l'ultimo saluto al mondo, dalla Loggia Centrale di San Pietro, per la benedizione pasquale, e la frase del suo connazionale Adolfo Bioy Casares suona a epitaffio di un uomo chiamato a fare il Papa nel momento più difficile della storia della Chiesa. Un momento non ancora superato. Era stato ricoverato il 14 febbraio per problemi alle vie respiratorie, cui sono succedute complicazioni come una polmonite bilaterale fino all'insufficienza renale, ma dopo 40 giorni Bergoglio era riuscito a tornare in Vaticano. Forse lo sforzo di ieri è stato fatale.
Morire è un'antica usanza che suole aver la gente, scrisse un altro connazionale di Jorge Mario Bergoglio, che era stato eletto Papa il 13 marzo 2013, a 76 anni, dopo le dimissioni a sorpresa di Joseph Ratzinger, un gesto che aveva sconvolto il mondo ed era parso accentuare la crisi della Chiesa. Il nuovo 'vescovo di Roma' era arrivato in uno scenario da teatro di Beckett: l'elicottero bianco Sikorsky-Agusta dell'Aeronautica Militare Italiana che porta via Ratzinger dal Vaticano verso Castelgandolfo, un fulmine come occhio largo esterrefatto che si abbatte sulla cupola michelangiolesca di San Pietro: immagini terrifiche, emblema di uno smarrimento che dopo la fumata bianca aveva avuto forma plastica nell'erroneo messaggio augurale della CEI, con le felicitazioni al nuovo Papa Angelo Scola, arcivescovo di Milano. Ma il Sacro Collegio aveva eletto un altro. Ad annunciarlo fu, il capo e la voce tremanti per il Parkinson altro dettaglio spaesante, il protodiacono francese Jean-Louis Tauran. Era stato scelto l'arcivescovo di Buenos Aires, già tra i nomi circolati per il conclave post-wojtyliano. Bergoglio era il primo gesuita della storia a essere chiamato al papato, inedito anche il nome: Francesco. Era già sera quando, affacciatosi alla loggia centrale senza la mozzetta rossa prevista dal cerimoniale e con una croce d'argento e non d'oro, il nuovo Pontefice disse "Il Sacro Collegio è andato a prendere il nuovo vescovo di Roma alla fine del mondo". Venne in mente la ferrovia che si tronca a Ushuaia, in Patagonia, davvero la fine della terra. Quindi chiese alla folla di pregare per lui. E impartì la benedizione alla città e al mondo, urbi et orbi, leggendola e non salmodiandola. La prima cesura con quel che si era sempre fatto, non sarebbe stata l'ultima.
Prima dell'elezione al Soglio di Pietro, primo americano della storia e terzo non italiano consecutivo, per quanto di antenati piemontesi e liguri, il futuro Francesco era stato arcivescovo di Buenos Aires dal 1998. È stato una figura molto amata e molto controversa nell'intera America Latina e nella sua diocesi, che percorreva anche in metropolitana e in autobus. Ha importato questo stile controcorrente anche da Papa: disertando l'Appartamento nel Palazzo Apostolico ha scelto di vivere nella residenza Santa Marta, ha semplificato il cerimoniale e ha scelto di essere sepolto a Santa Maria Maggiore. Come tutti gli argentini, amava il calcio: tifoso del San Lorenzo de Almagro, ha ricevuto più volte personaggi sportivi, tra cui le delegazioni di Genoa, Sampdoria, Spezia e i pallanuotisti dell'Iren Quinto. Venne in visita a Genova il 27 maggio del 2017, celebrando la Messa a Piazzale Kennedy. Da Papa non è mai tornato nella sua Argentina. Nel corso del suo pontificato ha sfidato molte convenzioni, fin dalle nomine cardinalizie e nelle scelte pastorali: il primo viaggio fu a Lampedusa e i migranti sono stati uno dei temi frequenti della sua esperienza.
Non molto amato dalle correnti tradizionaliste della Chiesa, ha riscosso di contro molte simpatie fuori dalla comunità dei fedeli, senza tuttavia lasciare l'impressione di aver rigenerato una Chiesa da tempo in crisi, come testimoniano molti indicatori statistici in quell'Occidente che il predecessore Ratzinger aveva definito "sazio e disperato" e soggetto alla "dittatura del relativismo": la crisi delle vocazioni, la decrescente frequentazione delle messe domenicali, la trasformazione di edifici religiosi in siti commerciali come il cinquecentesco seminario arcivescovile di Milano diventato un albergo di lusso, un ricorrente atteggiamento aperturista verso le altre religioni facile da equivocare per arrendevole inaridimento. Gli hanno dedicato due lungometraggi i registi Daniele Luchetti (Chiamatemi Francesco, 2015) e Wim Wenders (Un uomo di parola, 2018). Ha intrattenuto un lungo rapporto amichevole ed epistolare con il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari, è intervenuto in tv a Che tempo che fa di Fabio Fazio e un suo videomessaggio è stato trasmesso durante il recente Festival di Sanremo.
In questi 12 anni, molti cattolici si sono sentiti disorientati dalle prese di posizione di Francesco, molto attento ad argomenti come cambiamento climatico, migranti, giustizia sociale e un ecumenismo quasi nella direzione di un'equivalenza tra le religioni, sancita e proclamata unilateralmente, e quindi fuori dalla logica dell'annuncio dell'Evangelo per chiamare a conversione. Meno efficace è stata la comunicazione di Bergoglio sui temi di stretta attinenza alla fede e al mistero. Adesso anche chi ha riluttato ad aderire alle linee del suo pontificato prova peraltro una grande pena, di fronte al triste spettacolo di una sofferenza esposta al mondo per giorni e giorni, di fronte al mistero di un uomo giunto alla fine, di fronte alle domande ultime. Si avvertono pena e rispetto e smarrimento; e un montaliano filo di pietà al cospetto della declinazione del dolore in un gergo neutralmente scientifico verso la destinazione di un mare senza sponde. Si prova pena per un uomo che ora va incontro al mistero definitivo, nella sua solitudine che è quella di tutti. "La mia gente è povera e io sono uno di loro", disse una volta a Buenos Aires per spiegare la scelta di abitare in un appartamento e di prepararsi la cena da solo. Ai suoi preti ha sempre raccomandato misericordia, coraggio e porte aperte. La cosa peggiore che possa accadere nella Chiesa, sosteneva, "è quella che de Lubac chiama mondanità spirituale", che significa "mettere al centro se stessi". E quando citava la giustizia sociale, invitava a riprendere in mano il catechismo, i dieci comandamenti e le beatitudini.
Nonostante il carattere schivo, divenne un punto di riferimento per le sue prese di posizione durante la crisi economica che aveva sconvolto il Paese nel 2001. Sul suo atteggiamento nei confronti della dittatura militare le opinioni erano e sono controverse, ma le luci e le ombre sono di ogni uomo. Chi è stato, in ultimo, Jorge Mario Bergoglio? Nella capitale argentina nacque il 17 dicembre 1936, figlio di emigranti italiani: suo padre Mario, radici nell'Astigiano, fa il ragioniere, impiegato nelle ferrovie, mentre sua madre, Regina Sivori, di famiglia di Santa Giulia sulle alture di Lavagna come il calciatore Omar, si occupava della casa e dell’educazione dei cinque figli. Diplomatosi come tecnico chimico, scelse poi la strada del sacerdozio entrando nel seminario diocesano. L’11 marzo 1958 passò al noviziato della Compagnia di Gesù. Completò gli studi umanistici in Cile e nel 1963, tornato in Argentina, si laureò in filosofia al collegio San Giuseppe a San Miguel. Fra il 1964 e il 1965 fu professore di letteratura e psicologia nel collegio dell’Immacolata di Santa Fé e nel 1966 insegnò le stesse materie nel collegio del Salvatore a Buenos Aires. Dal 1967 al 1970 studiò teologia laureandosi sempre al collegio San Giuseppe. Il 13 dicembre 1969 fu ordinato sacerdote dall’arcivescovo Ramón José Castellano. Prosegui quindi la preparazione tra il 1970 e il 1971 in Spagna, e il 22 aprile 1973 emise la professione perpetua nei gesuiti. Di nuovo in Argentina, fu maestro di novizi a Villa Barilari a San Miguel, professore presso la facoltà di teologia, consultore della provincia della Compagnia di Gesù e rettore del Collegio. Il 31 luglio 1973 fu nominato provinciale dei gesuiti dell’Argentina. Sei anni dopo riprese il lavoro nel campo universitario e, tra il 1980 e il 1986, fu di nuovo rettore del collegio di San Giuseppe, oltre che parroco ancora a San Miguel. Nel marzo 1986 andò in Germania per ultimare la tesi dottorale; quindi i superiori lo inviarono nel collegio del Salvatore a Buenos Aires e poi nella chiesa della Compagnia nella città di Cordoba, come direttore spirituale e confessore. Nel rado tempo libero allevava galline nell'orto della chiesa ignaziana. Cordoba, lejana y sola come quella di Garcia Lorca. Si parlò di un allontanamento, un'emarginazione.
Ma il destino era diverso. Un messo arcivescovile si era presentato per una importante notifica proprio mentre Bergoglio stava a dare il becchime alle galline. Fu il cardinale Antonio Quarracino, italiano di nascita a Pollica in Cilento, a volerlo come suo stretto collaboratore, richiamandolo a Buenos Aires. Così il 20 maggio 1992 Giovanni Paolo II lo nominò vescovo titolare di Auca e ausiliare di Buenos Aires. Il 27 giugno ricevette nella cattedrale l’ordinazione episcopale proprio dal cardinale. Come motto scelse Miserando atque eligendo e nello stemma inserì il cristogramma ihs, simbolo della Compagnia di Gesù. È subito nominato vicario episcopale della zona Flores e il 21 dicembre 1993 divenne vicario generale. Nessuna sorpresa dunque quando, il 3 giugno 1997, fu promosso arcivescovo coadiutore di Buenos Aires. Passati neppure nove mesi, alla morte del cardinale Quarracino gli successe, il 28 febbraio 1998, come arcivescovo, primate di Argentina, ordinario per i fedeli di rito orientale residenti nel Paese, gran cancelliere dell’Università Cattolica. Nel Concistoro del 21 febbraio 2001, Giovanni Paolo II lo creò cardinale, del titolo di san Roberto Bellarmino, il cardinale che aveva istruito il processo dell'Inquisizione contro Giordano Bruno, tentando fino all'ultimo di trovare un compromesso tra l'intransigenza del domenicano e le regole del Sant'Uffizio. Nell’ottobre 2001 fu nominato relatore generale aggiunto alla decima assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, dedicata al ministero episcopale. Intanto in America latina la sua figura diventava sempre più popolare. Nel 2002 declinò la nomina a presidente della Conferenza episcopale argentina, ma tre anni dopo venne eletto e poi riconfermato per un altro triennio nel 2008. Intanto, nell’aprile 2005, partecipò al conclave in cui fu eletto Benedetto XVI. Nei primissimi scrutini ottenne molti voti, era il candidato voluto dall'altro ignaziano Carlo Maria Martini. Ma decise di fare un passo indietro a favore di Ratzinger.
Come arcivescovo di Buenos Aires — tre milioni di abitanti — pensava a un progetto missionario incentrato sulla comunione e sull’evangelizzazione. Quattro gli obiettivi principali: comunità aperte e fraterne; protagonismo di un laicato consapevole; evangelizzazione rivolta a ogni abitante della città; assistenza ai poveri e ai malati. Invita preti e laici a lavorare insieme. Nel settembre 2009 lanciò a livello nazionale la campagna di solidarietà per il bicentenario dell’indipendenza del Paese: duecento opere di carità da realizzare entro il 2016. E, in chiave continentale, nutriva forti speranze sull’onda del messaggio della Conferenza di Aparecida nel 2007, fino a definirlo "l’Evangelii nuntiandi dell’America Latina". Ma nel 2013 i suoi programmi cambiarono con le dimissioni di Ratzinger e l'elezione al Soglio. Nei dodici anni di pontificato, Francesco ha tracciato una strada controversa. E' parso darsi come obiettivo un ecumenismo utopistico, al prezzo di un'attenuante rinuncia sia al patrimonio valoriale del cattolicesimo, sia alla missione apostolica dell'annuncio dell'Evangelo. Sul dialogo interreligioso parve avere opinioni opposte a quelle di un grande della Chiesa del Novecento, lo storico arcivescovo di Genova Giuseppe Siri: "L'Ecumenismo non lo si fa andando a metà del ponte, ma piuttosto - diceva il cardinale genovese, due volte sul punto di essere eletto Papa e artefice della scelta di Wojtyla - costruendo ponti, tanti ponti in amorevole fatica, restando fermi sulla riva giusta”. Ha così suscitato nella comunità cattolica due reazioni controverse: una frangia lo accusava di essere troppo anticonformista e irrispettoso della Tradizione; un'altra di essere timido sui temi della bioetica e della morale, oltre che su quelli del celibato del clero e del sacerdozio femminile. E saranno queste due fazioni a confrontarsi nel chiuso della Sistina, per scegliere il successore. "Chi sta nella consolazione pensi come si troverà nella desolazione che dopo verrà e attinga nuove forze per allora", scrisse Ignazio di Loyola.
Francesco ha fatto una scelta controcorrente anche per l'addio. Nell’ultima intervista, ha detto di aver rivisto con il cerimoniere papale il rito funebre del pontefice: "Lo abbiamo semplificato notevolmente. Doveva essere fatto, sarò il primo a provarlo!" ha dichiarato con ironia. Bergoglio ha inoltre spiegato la scelta di farsi tumulare fuori dalle mura vaticane, nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore, a differenza degli ultimi 23 papi, sepolti sotto la Basilica di San Pietro, a differenza di Wojtyla traslato accanto alla Pietà di Michelangelo. Ma Francesco ha fatto un’altra scelta, seguendo l’esempio di papa Leone XIII, che nel 1903 fu seppellito per sua disposizione nella Basilica di San Giovanni in Laterano, e di Pio IX, prima di lui, aveva scelto la Basilica di San Lorenzo fuori le mura. Se ne va lasciando in molti la sensazione di non averlo davvero compreso, uomo forse ignoto anche a se stesso. Ora incontra Dio nel tempo senza tempo, dove il silenzio è pace. L'immagine drammatica che ne resta è la sua solitudine nella piazza deserta e resa traslucida dalla pioggia, per la preghiera in tempo di pandemia. Un uomo di fronte al mistero infinito. Amava la letteratura e sia letterario il congedo: "Accendi, al momento / del commiato, le quattro candele di una stella / perché illumini un mondo vuoto di realtà / mentre ti segue con lo sguardo per l'eternità".
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