Sampdoria, la "Bella Stagione" è inimitabile. Ma è da quei valori (e da quegli uomini) che bisogna ripartire

di Claudio Mangini

3 min, 37 sec
Sampdoria, la "Bella Stagione" è inimitabile. Ma è da quei valori (e da quegli uomini) che bisogna ripartire

Poi si è accesa la luce in sala e Pietro Vierchowod ha detto: «Noi abbiamo vinto molto, ma anche quando non abbiamo vinto abbiamo sentito la vostra indulgenza, il vostro affetto». E, prima e dopo la proiezione, il concetto lo hanno espresso tutti, quei vecchi ragazzi con il viso segnato da qualche ruga, in tanti modi, anche con commozione, e la sintesi era una sola: quella Sampdoria, quella che aveva vissuto quella bellissima stagione, è stata qualcosa di unico. Ed è una specie di paradosso, ma legato da un robusto filo conduttore, come la narrazione toccante del film, che a distanza di meno di 24 ore si siano succedute due manifestazioni così diverse – la rabbia di migliaia di tifosi, dura ma mai fuori dal seminato, la richiesta di rispetto, l’orgoglio dell’appartenenza – e la festa dell’epopea della Bella Stagione, diventata libro e film e rimasta irripetibile e soprattutto inimitabile, ormai parte del Dna sampdoriano, anche per chi è troppo giovane per averla vissuta. 

Ecco, appunto, da lì bisognerebbe ripartire. Perché se scudetto, avventure internazionali, coppe in Italia e in Europa, sono legate a quei giocatori, a quel gruppo, a un uomo, innanzi tutto, capace di dare un’impronta unica umana prima che calcistica, e ovviamente è di Paolo Mantovani che si parla, e anche a un momento storico calcistico lontano, quella matrice, ormai, è entrata, appunto come un’impronta genetica, nell’essere Sampdoria e sampdoriani. Sporcata ma non incrinata da personaggi come Ferrero che, di un certo stile, di un certo senso di appartenenza, sono stati non lontani ma semplicemente antitetici 

E non è un caso, invece, che Luca Vialli sogni, un giorno, di tornare a viverla da un’altra prospettiva, la Sampdoria. Non è un caso che Mancini su quella panchina, prima o poi, siederà. Non è né casuale né banale che Marco Lanna oggi sia il presidente della Sampdoria e, nella crisi grave attuale, sia l’unico non scalfito e nemmeno sfiorato da alcuna caduta di stima, anzi. E lo sanno tutti che il suo vecchio progetto, ma mica solo il suo – quello di tanti di quella bella stagione – sia ritrovarsi insieme a lavorare per una nuova stagione con il vecchio imprinting. 

E tutto questo può sembrare una divagazione un po’ malinconica, a margine della situazione contingente. E, invece, no: questo può, dovrebbe, deve, essere un punto di partenza. Perché è vero che c’è una Sampdoria che ha una classifica asfittica e una situazione societaria ancor di più; è vero che c’è una squadra che annaspa e un allenatore giovane e grintoso che la vorrebbe rifondare e rimodulare, trasformando gli agnelli in leoni; ed è verissimo che ci sono scadenze, da qui a tre settimane, che possono decidere non solo il futuro ma, addirittura, la sopravvivenza stessa della Sampdoria. Ma è proprio per questo che non è retorico affrontare la questione da questo punto di vista. Serve una matrice, diciamo ideologica, morale, da cui ripartire. Ed  è vero: è “solo” di calcio che parliamo. Ma il calcio – la Bella Stagione lo insegna – non è solo calcio, non è solo un pallone da prendere a calci. Basta quell’abbraccio fra Vialli e Mancini, a suggello dell’Europeo 2021, bastano le loro parole, l’essere fratelli oltre che amici, a raccontarlo. Allora, bisogna ripartite nel segno di una linea che sia caratteristica e unica. Da chi importa fino a un certo punto, serietà a parte, che è il primo, indispensabile, requisito. Le chiacchiere, ormai, hanno stufato. Anche Ivano Bonetti ha fatto un prudente passo indietro: «Al Thani? Noi ci speriamo, ma non siamo coinvolti. Se poi succede qualcosa, potremo entrare in gioco». Il fondo americano, con o senza James Pallotta, ma, verosimilmente con Gianluca dentro? O Edoardo Garrone che rimedia al suo marchiano errore e riprende non da dove aveva lasciato, ma da molto prima, da quelle maglie dei tempi della bella stagione, con il marchio Erg sopra. 

Qualunque sia il destino prossimo, con certe regole, un certo stile, possibilmente certi uomini dentro. Ecco, per capirci, la Sampdoria ai sampdoriani. E non è solo uno slogan.