Regionali nel centrosinistra: accordo o spaccatura?

di Paolo Lingua

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Regionali nel centrosinistra: accordo o spaccatura?

Il Pd ha deciso di fissare una direzione regionale per martedì sera alle 20,30. Nel corso di questo direttivo che si annuncia complicato e, forse, tumultuoso, il partito dovrebbe trovare una sua linea per la campagna elettorale reginale, sempre più pressata in termini angusti di tempo. A 24 ore dal vertice il Pd appare in stato sempre più confusionale. In realtà il partito è spaccato tra le due candidature che, però, implicano differenti alleanze. Sul piede di partenza l’ex preside della Facoltà di Ingegneria Aristide Massardo appariva un candidato aggregante, nel senso che non aveva avversari ideologici all’interno dello schieramento. Il suo handicap era quello di essere meno conosciuto sul piano politico e in qualche modo meno aggressivo sul piano della battaglia elettorale.

Su Massardo si concentravano le freddezze dei partitini di estrema sinistra e la disponibilità dei renziani oltre che dei partitini di centro (socialisti, e gruppo della Bonino e Della Vedova). Ferruccio Sansa era considerato un candidato più aggressivo e più alternativo al centrodestra. Ma su di lui ha pesato i molti anni di polemica contro il Pd e il fatto che la sua candidatura, se passerà, spaccherà lo schieramento. Centristi e renziani andranno per conto loro puntando a recuperare l’appoggio dell’elettorato moderato dell’area Pd, decisamente contrario a Sansa, una candidatura che riporterà qualche spazio dissidente all’interno del centrodestra a votare per Toti. Il Pd è il partito più spaccato: i quadri delle federazioni liguri e in pratica tutti i consiglieri reginali uscenti sono contrari a Sansa che invece è sostenuto dal vicesegretario nazionale Andrea Orlando che punta a spostare il partito a sinistra.

Va aggiunto un elemento che resta ufficialmente in silenzio ma che non va sottovalutato: l’ex presidente della Regione Claudio Burlando potrebbe, in maniera soft,  far girare i voti dei suoi amici sulla lista renziana, se dovesse imporsi la candidatura di Sansa. Insomma, alla vigilia d’un direttivo regionale che, ancora non si sa visti i confusi precedenti, dal quale potrebbe uscire l’indicazione di massima (candidatura e alleanze), tutte le ipotesi sembrano ancora in piedi, compreso un sempre più difficile recupero dell’avv. Bandiera, eterno candidato di riserva che potrebbe, ma anche di questo non si è sicuri, trovare un consenso di massima. E’ indubbio, qualunque sia la conclusione, che lo schieramento di centrosinistra ha perduto quasi tutte le sue chances di rivincita in occasione delle elezioni regionali.

Toti aveva un po’ frenato la sua corsa, giocata all’insegna d’un esubero bulimico di comunicazione, con critiche e limiti della sua gestione soprattutto nel campo della sanità e con il mezzo (se non intero) flop del suo movimento “Cambiamo!” creato come costola staccata di Forza Italia.  Il Pd e gli altr9i partiti d’opposizione in regione potevano giocarsi “alla grande” e con un clima aggressivo e costruttivo allo stesso tempo la candidatura di Ariel Dello Strologo che poteva unificare tutti i movimenti. Ma la candidatura, un po’ per pasticci locali e per un errore strategico grave di Andrea Orlando, è saltata e non è più recuperabile. Le discussioni e le riunioni sono andate avanti per due mesi indebolendo lo schieramento e mettendone in luce contraddizioni e debolezze, oltre che limiti di leadership. In pratica si è fatto tutto quello che la scaltrezza politica storica ti insegna a non fare mai.

Inutile, come a volte accade a qualche petulante microdirigente, criticare la “prima repubblica”. Semmai bisognerebbe ristudiarla e capire come ci si dovrebbe muovere.  Inutile bruciare i candidati ed esporli gratuitamente al massacro. Purtroppo da molti anni a questa parte in Liguria la sinistra non ne ha azzeccato una, sia nei grandi comuni sia alle regionali. Un po’ per orrori dei vertici, ma anche per il gusto autodistruttivo della sinistra più radicale che preferisce essere contro, anche alle proprie radici, pur di andare a testa bassa. Un comportamento tipico che ha più di 150 anni di storia che si ripete. Anche chi non ha simpatia per il centrodestra, deve ammetter per forza che questo schieramento – che pure ha visioni non omogenee – di fronte alle elezioni si ricompatta, si accorda e punta, se può a vincere. Una lezione che a sinistra non sembra essere stata imparata da nessuno.