Processo Morandi, Castellucci dal carcere: "Siamo in sei nella mia cella, leso diritto alla difesa"

di Redazione

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L’ex AD di Autostrade scrive ai giudici dal penitenziario romano: “Impossibile leggere gli atti processuali”

Processo Morandi, Castellucci dal carcere: "Siamo in sei nella mia cella, leso diritto alla difesa"

Un nuovo grido d’allarme si leva dalle carceri italiane, e stavolta arriva da Giovanni Castellucci, ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, attualmente detenuto a Rebibbia. In una lettera inviata ai suoi legali, Castellucci denuncia le gravi difficoltà che, a suo dire, stanno compromettendo il diritto alla difesa nel processo sul crollo del ponte Morandi, avvenuto a Genova il 14 agosto 2018 e costato la vita a 43 persone.

Dopo il mio trasferimento a Rebibbia, lontano dalla mia famiglia e dai miei interessi, non riesco a comunicare con i miei legali se non via mail e con soli dieci minuti telefonici settimanali cumulativi per tutti i procedimenti che mi riguardano”, scrive Castellucci. L’ex manager si riferisce in particolare alle difficoltà logistiche che, secondo lui, impediscono una lettura adeguata delle migliaia di pagine di atti del processo, ormai alle sue battute finali.

Il carcere romano, segnala Castellucci, è afflitto da sovraffollamento e celle troppo piccole. “Siamo sei persone in celle da quattro. È impossibile ricevere o consultare gli atti in formato cartaceo, e neppure in formato elettronico: non ci sono spazi adeguati, né fotocopiatrici. Tutto questo limita profondamente la mia possibilità di difendermi”, afferma nella missiva.

Il trasferimento a Rebibbia è avvenuto tre mesi fa, dopo che Castellucci si era presentato spontaneamente nel carcere di Bollate, all’indomani della condanna definitiva a sei anni per la strage dell’autobus ad Avellino del 2013, dove persero la vita 40 persone. Da allora, racconta, non è più riuscito a partecipare attivamente al processo Morandi, se non tramite un collegamento video per far leggere pubblicamente la sua lettera.

Non è il primo appello che arriva dal carcere di Rebibbia: pochi giorni fa, anche l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno – anch’egli detenuto nella stessa struttura – aveva denunciato le condizioni precarie dei detenuti e sollecitato l’attenzione della politica.

Dopo le proteste, i giudici del processo Morandi hanno autorizzato l’ingresso dei file elettronici contenenti gli atti, ma solo dopo un controllo preventivo. Una soluzione temporanea, che però non scioglie le questioni più ampie sollevate da Castellucci: “Ritenevo opportuno informare il tribunale affinché valuti le azioni necessarie a garantire il diritto alla difesa, anche perché vorrei rendere dichiarazioni spontanee”, ha concluso l’ex manager.

Il dibattito sulle condizioni carcerarie e sul diritto alla difesa nei processi complessi resta dunque aperto, mentre la requisitoria dei pm Walter Cotugno e Marco Airoldi prosegue in aula.

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