Don Marco Pozza racconta gli ultimi giorni di Donato Bilancia: "È stato e rimarrà per sempre mio fratello Caino"

di Luca Pandimiglio

Telenord intervista il cappellano del carcere di Padova Don Marco Pozza

5 anni fa, il 17 dicembre 2020, morì Donato Bilancia, il serial killer genovese. Bilancia, che tra il 15 ottobre 1997 e il 20 aprile 1998 uccise 17 persone tra Liguria e Basso Piemonte, fu condannato a 13 ergastoli per 17 omicidi e a 16 anni per un tentato omicidio. Morì stroncato dal covid all'età di 69 anni nel carcere Due Palazzi di Padova. 

Don Marco Pozza, cappellano del carcere di Padova, racconta aneddoti, curiosità e gli ultimi giorni vissuti insieme a Donato Bilancia.

«Ho conosciuto Donato Bilancia nel 2011 appena ho iniziato la mia strana avventura dietro alle sbarre del carcere di Padova e l'ho conosciuto perché una signora mi ha lanciato un invito: "Se tu vuoi metterti veramente all'opera, devi cominciare dal peggio del peggio che c'è qui in carcere a Padova". Abbiamo attraversato questi 17 cancelli dentro al carcere e sono entrato dentro alla cella di un uomo che nel 1999, quando io viaggiavo in treno per andare a scuola mi facevano paura boia. Quel giorno è stata la prima volta che ho visto dal vivo il signor Donato Bilancia».

 
«Lo dico con orgoglio senza banalizzazione, quei 45 minuti dentro la sua cella mi sono valsi la pipì nelle mutande letteralmente, mi sono fatto la pipì addosso perché ho preso paura. Io non sono un eroe, il male mi fa tanta paura ma soprattutto capivo che per davvero per la prima volta nella mia vita ero di fronte alla vera sfida tra il bene e il male ed ero letteralmente nella tana del lupo». 
 
«Negli anni la ritengo l'esperienza di grazia più bella che ho vissuto, per me Donato Bilancia non è solo Donato Bilancia, è stato e rimarrà per sempre mio fratello Caino, non l'ho mai confuso con Abele, lui è Caino però l'ho sempre considerato mio fratello. Un episodio bellissimo che mi lega alla sua storia, alla storia di un uomo che non dimentichiamolo mai si è reso colpevole di 17 omicidi, un giorno durante il giubileo della misericordia scese giù nel reparto delle scuole, si mise in ginocchio, mi guardò e mi disse "Io oggi devo confessarmi e mi devi spiegare come si fa perché io non ho fatto neanche la prima confessione", era il giorno della divina misericordia e lì ho capito che Dio aveva aspettato per 65 anni quest'uomo, gli aveva dato un appuntamento al buio nel giorno più spettacolare della storia».
 
«Il suo funerale l'avevamo preparato insieme, perché lui sognava di essere messo sul sacco dell'immondizia e buttato nell'inceneritore, invece gli dissi: "Ti riserverò gli onori più alti che la liturgia riserva ai fedeli. Metterò la sua bara al centro e intorno 17 sedie vuote, su ogni sedia metterò il nome di ogni vittima accanto al nome metterò un fiore di Cerbero e chiederò a Dio, che prima di destinarti dove sarà la tua strada, mi possa concedere un secondo per guardarvi assieme tutti e 18 e dirvi quelle cose che quella volta non siete riusciti a dirvi"».
 

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