Piciocchi: "Non mi viene naturale, ma per rispetto chiamerò 'sindaca' Silvia Salis, come vuole lei"

di steris

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"A sinistra per anni si sono invece ostinati con arroganza a declinare al femminile la parola 'Assessore', contro la volontà delle dirette interessate"

Piciocchi: "Non mi viene naturale, ma per rispetto chiamerò 'sindaca' Silvia Salis, come vuole lei"

Pietro Piciocchi interviene sul tema dell'evoluzione del linguaggio istituzionale. "Ho deciso - scrive sulla sua pagina social - che mi rivolgerò a Silvia Salis usando la parola "Sindaca", anche se sinceramente non mi viene naturale e non per una questione di maschilismo. Lo faccio per una questione di massimo rispetto nei confronti della sua persona, visto che lei ha espressamente chiesto di essere chiamata così, consapevole che il valore del rispetto reciproco nelle istituzioni è uno tra i beni principali da perseguire. Un atteggiamento molto diverso - sia detto per inciso - da quello degli esponenti dell'allora opposizione in Consiglio comunale che, nel nome del loro furore ideologico, si sono ostinati per anni con arroganza a declinare al femminile la parola Assessore, sebbene alcune dirette interessate della nostra Giunta chiedessero espressamente di essere indicate al maschile".

Perplessità - "Chiarito ciò, non posso tuttavia mostrare la mia perplessità rispetto a questa smania della sinistra di violentare alcune parole, modificandole al femminile, a costo di produrre veri orrori nella pronuncia della nostra bella lingua italiana. Ai tempi in cui andavo a scuola, se avessi scritto Sindaca in un tema, la mia maestra avrebbe segnato l'errore con la matita blu. Ma il punto vero è un altro: ci sono parole che la legge individua espressamente per definire ruoli istituzionali. Parole che non ci appartengono. Non siamo noi a sceglierle a nostro piacimento: questa presa d'atto, che in ultima analisi esprime la grandezza dell'istituzione davanti alla nostra piccolezza, mi ha sempre affascinato. L'istituzione va oltre il tempo e le persone".

Costituzione e leggi - "La Costituzione definisce il "Presidente della Repubblica", il "Presidente del Consiglio", il "Presidente del Senato", e potremmo continuare. L'art. 36 del Testo unico degli enti locali menziona tra gli organi di governo del Comune "il Sindaco" e l'art. 50 elenca le competenze "del Sindaco". Dunque, la parola Sindaco indica un ruolo istituzionale che prescinde completamente dal genere maschile o femminile di chi ricopre la carica. La parola "Sindaca" - così come la parola "Presidenta", la parola "Prefetta", o ancora la parola "Sovrintendentessa" - non esiste nell'ordinamento giuridico. Dunque, chi siamo noi per cambiare le parole scelte dalla legge? In questo senso, anche se contravviene alle regole della semantica, avrebbe più senso utilizzare l'articolo determinativo al femminile, accompagnato dalla parola indicata dalla legge per designare il ruolo: "la Sindaco", "la Presidente", "la Prefetta", la "Sovrintendente". Se non ricordo male, ad esempio, Marta Vincenzi si faceva chiamare "la Sindaco" e, per quanto mi riguarda, era senz'altro preferibile e più rispettoso del linguaggio scelto dal legislatore".

Lezione - "Qual è l'insegnamento che si trae da questa riflessione? Quale la lezione di fondo? Semplice: che le persone sono al servizio dei ruoli e non il contrario. Personalizzare il ruolo del Sindaco - ma lo stesso vale per qualsiasi altra carica istituzionale - sottende a mio avviso una logica sbagliata, che rischia di sconfinare nella vanagloria, che è quella di attribuire visibilità alla persona che ricopre la carica, anziché alla funzione che la stessa esercita. Alla fine diventa un sottile aspetto di etica perché le cariche pubbliche sono altro da noi e non possiamo pensare di appropriarcene, di piegarle al nostro ego, neppure con l'uso ingenuo delle parole, troppo spesso cedevole alle mode e al politicamente corretto. Probabilmente in molti non saranno d'accordo - e ci sta perché sono sottigliezze - ma sentivo il bisogno di manifestare questo mio pensiero che, peraltro, esprime anche la modalità e il distacco con cui ho cercato di interpretare i ruoli che ho avuto l'onore di ricoprire negli ultimi otto anni, ruoli che erano altro da me, davanti ai quali ho sempre cercato di pormi in atteggiamento di sottomissione e di servizio" conclude Piciocchi.

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