Piciocchi: "La Genova della Salis tra Cgil, Italia Viva e riformismo di facciata, presto le prime spaccature del 'campo largo'"
di R.P.
"Cosa pensa Renzi, che vuole intestarsi la vittoria genovese, della neosindaca che voterà 'Sì' al referendum contro il suo Jobs Act?"

In un intervento pungente, Pietro Piciocchi – ex vicesindaco e sconfitto alle elezioni da Silvia Salis – ha commentato con tono critico l'attuale scenario cittadino post-elettorale, puntando l’attenzione sulle prime contraddizioni emerse all’interno della coalizione che ha sostenuto la neo sindaca di Genova.
Piciocchi non nasconde l’ironia nel constatare come Matteo Renzi – leader di Italia Viva – abbia scelto proprio Genova per ospitare l’assemblea nazionale del partito, nel tentativo di intestarsi il successo elettorale della Salis. Ma il cortocircuito politico è subito evidente: "Chissà cosa pensa Renzi, che porta a Genova l'assemblea di Italia Viva per intestarsi la vittoria di Silvia Salis, delle dichiarazioni della neo Sindaca che annuncia davanti ad una CGIL in visibilio che voterà un convinto SÌ al referendum contro il suo Jobs Act."
L’affondo prosegue chiamando in causa Raffaella Paita, che solo pochi giorni fa "attribuiva al suo partito il merito di avere scovato alla Leopolda la Salis", sottolineando i legami della neo sindaca con l’universo renziano attraverso il marito, "regista storico" della Leopolda e sostenitore dell’ex premier toscano. Una narrazione che si scontra però con le dichiarazioni recenti dello stesso Renzi, che dalle colonne del Corriere della Sera ha bollato come "sinistra massimalista" quella a favore del referendum abrogativo del Jobs Act, accusando la CGIL di avere "uno sguardo ideologico rivolto al passato". Una presa di posizione che stride clamorosamente con l’immagine di una Salis che, sul palco del Teatro Verdi, in chiusura della campagna referendaria della CGIL, raccoglie ovazioni annunciando: "Uno dei miei primi provvedimenti sarà il salario minimo." Un annuncio che per Piciocchi ha un peso politico non da poco, specie se si considera che Renzi in passato aveva definito il salario minimo "una pagliacciata demagogica". Da qui, l'interrogativo, che resta in sospeso: "Resta da capire, casomai ci sarà un Assessore di Italia Viva nella nuova Giunta, quale sarà il suo voto su questa delibera".
Piciocchi individua già due certezze in questo scenario carico di tensioni sotterranee. La prima: "Ci troveremo presto davanti alle prime spaccature del cartello elettorale denominato campo largo". Un’alleanza elettorale che, a suo avviso, ha saputo "gestire il vantaggio dei pronostici elettorali senza mai entrare nel dettaglio di un tema che potesse spaccare la compagnia". La seconda, ben più preoccupante secondo l'autore, è di ordine ideologico: "La sinistra approdata al governo cittadino è tutto fuorché riformista. Si presenta a forte trazione estremista e identitaria con un ruolo di primo piano della CGIL". Un giudizio netto, che demolisce il racconto di un’amministrazione orientata al centro.
Piciocchi conclude con sarcasmo: "Con buona pace di Matteo Renzi, di Raffaella Paita e del loro tanto sbandierato riformismo. E anche in barba al leader di Azione Calenda che aveva definito la nostra Sindaca una 'liberale tosta'." E, come spesso accade in politica, affida al tempo il verdetto definitivo: "Anche in questo caso il tempo sarà galantuomo."
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