Ondata di ottimismo a Genova dopo l'implosione perfetta del ponte
di Paolo Lingua
Il punto di Paolo Lingua
Il futuro ponte autostradale di Genova che tutti sperano e sognano di vedere in funzione il prossimo aprile (o poco dopo) per adesso si chiamerà “Ponte per Genova”. Lo ha annunciato (e suggerito con un sorriso) il sindaco – commissario Marco Bucci, subito dopo l’implosione che stamani, alle 9,38 ha sbriciolato le colonne portanti 10 e 11 di quello che ormai fu il ponte Morandi. Crollato il 14 agosto dell’anno scorso con il triste consuntivo di 43 vittime. Ieri il sole splendente ha portato fortuna all’evento tanto atteso e preparato con la cura più minuziosa, ovvero l’implosione di quel che restava dal ponte con una tecnica di microcariche e di sistemi protettivi antinquinamento considerata la più avanzata sul piano tecnologico. E in effetti le premesse e le promesse sono state mantenute. Un secondo prima della deflagrazione delle microcariche s’è levata una nuvola d’acqua che ha superato i cento metri (tanto erano alte le pile dell’autostrada) contenendo in una dimensione fantasmagorica l’esplosione e il crollo.
Il tutto è durato frammenti di secondo. Le prevenzioni hanno limitato al massimo la sollevazione di polveri. Ora i controlli di laboratorio delle macerie confermeranno se ci sono o meno rischi di inquinamento dell’aria (il timore maggiore è la percentuale di polveri di amianto) , ma da tutte le previsioni e dalle analisi dei giorni precedenti il timore è di fatto escluso. Tra stasera e al massimo domattina i circa 300 cittadini residenti nelle aree a rischio attorno a quello che fu il ponte, dovrebbero rientrare nelle loro case. Dal lato opposto alle pile crollate nei prossimi giorni procederanno spedite le ultime demolizioni meccaniche e poi si procederà all’abbattimento di altri due edifici. Poi, di fatto, l’azione di demolizione – tutto sommato la più complessa e la più faticosa - è “quasi” superata, o quantomeno è stata rimossa la fase più pesante.
Il clima psicologico della città procede ora verso un sentimento di maggior ottimismo. Saranno scaricati in questi giorni i primi “pezzi” di soppalcato del futuro ponte, approdati al cantiere di Sestri Ponente della Fincantieri una delle grandi imprese incaricate della ricostruzione. E’ certamente un aspetto positivo della vicenda seguire nelle prossime settimane le attività conclusive di rimozione e vedere la ricostruzione del futuro ponte che avrà supporti in struttura muraria ma sarà realizzato in acciaio, più resistente, più agile, più duttile come ormai è messo a punto dalle tecniche più avanzate. Gli stessi vertici del consorzio “Per Genova” (Fincantieri, Salini Impregilo, Italferr) ieri, proprio all’attracco di Sestri, hanno confermato previsioni e giudizi positivi. E’ indubbio che Genova, dopo il disastro assurdo dell’anno scorso, possa diventare il teatro d’una nuova visione e d’una nuova maniera di affrontare le grandi opere. In passato, per mille motivi, abbiamo sempre visto lavori imponenti procedere con lentezza, a differenza di quanti avviene in altri paesi, soprattutto fuori dell’Europa. In Italia – e su questo è giusto dare ragione al viceministro Salvini – la selva di leggi, leggine, regolamenti e intrecci bizantini tra giustizia civile, penale e amministrativa hanno se non bloccato almeno rallentato assurdamente molte opere che sarebbe stato importante realizzare in fretta. Facciamo un esempio di casa nostra? Basterebbe pensare al Terzo Valico. Al di là dei progetti della fine del XIX secolo o degli anni Venti del Novecento, il progetto che già si stava formando era decollato alla metà degli anni Ottanta, grazie alla spinta dell’avvocato Peppino Manzitti che aveva avuto una intuizione lungimirante. Sono passato quasi 35 anni e siamo a poco più della metà dell’opera. Un modello così non si deve più ripetere. L’implosione di oggi deve essere un marchio definitivo. Si deve voltare davvero pagina.
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