Non è reato creare un gruppo di WhatsApp per segnalare i posti di blocco
di Redazione
Insulti in chat a forze ordine no vilipendio, 49 archiviazioni
Formare un gruppo WhatsApp per avvisare i partecipanti dei posti di blocco delle forze dell'ordine non è reato e non c'è alcuna interruzione di servizio pubblico. E anche le invettive e gli insulti contro carabinieri e poliziotti non sono vilipendio.
E' quanto sostenuto dal giudice per le indagini preliminari Luisa Avanzino che ha archiviato l'inchiesta che vedeva indagati 49 ragazzi della Valle Scrivia.
I ragazzi (difesi dagli avvocati Matteo Carpi, Nicola Scodnik, Alessandro Costa e Barbara Costantinio) avevano messo in piedi una maxi chat a cui partecipavano oltre un centinaio di persone.
Lo scopo era quello di segnalare posti di blocco per evitare di incappare in multe e sospensioni della patente se si fosse alzato il gomito durante la serata.
Le segnalazioni, in alcuni casi, erano accompagnati da epiteti e insulti. Secondo il gip, però, la creazione del gruppo non avrebbe "comportato alcuna alterazione del servizio che è sempre stato svolto regolarmente, considerato il numero di utenti della strada e il numero comunque limitato dei partecipanti alla chat". Per il giudice, inoltre, non vi sarebbe alcun vilipendio 'pubblico' visto il carattere "chiuso della chat e quindi della conversazione".
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