Morto Mario Sossi, il ricordo di un'epoca delle più tristi della nostra storia
di Paolo Lingua
È morto oggi a Genova Mario Sossi, magistrato con mai nascoste simpatie di estrema destra che fu protagonista d’un clamoroso rapimento da parte delle Brigate Rosse, tra il 18 aprile e il 23 maggio 1974. Aveva 87 anni e, dopo la pensione, aveva fatto l’avvocato, incorrendo anche in una sospensione dalla professione, poi revocata dall’Ordine, per una bega relativa a una complessa causa in cui era indirettamente implicata una magistrata genovese.
Mario Sossi, che lascia la moglie e due figlie, è stata un protagonista delle vicende giudiziarie e politiche negli anni Settanta, quando proprio si accentuavano le propensioni ideologiche all’interno della magistratura. A Genova era stato uno degli accusatori nei confronti del nipote di Togliatti, docente di matematica e di altri personaggi forse simpatizzanti di estrema sinistra nell’estate del 1972 e poi era stato pm nel processo, poco dopo, a carico della trucida banda del XXII Ottobre, dove si confondevano reati comuni ad atteggiamenti politici vicini all’estrema sinistra e in particolare alle Brigate Rosse.
Originario delle Riviera di Ponente, appassionato sportivo (amava correre), Mario Sossi aveva fama di “duro” nell’attività inquisitoria e processuale. In continuo scontro con i colleghi simpatizzanti di sinistra, era diventato una sorta di simbolo. In questa dimensione, anche mediatica, venne rapito dalle Brigate Rosse mentre rientrava a casa una sera. Furono diffuse nelle settimane seguenti le sue foto in stato di cattività, con il viso segnato dai colpi ricevuti la sera del rapimento. Per la sua libertà le BR chiesero, in messaggi inviati ai vertici politici e giudiziari, la liberazione di alcuni detenuti politici. Sull’argomento nacque una dura discussione politica. Negli ambienti moderati e di destra si era chiesto i acconsentire alle richieste, ma Paolo Emilio Taviani, leader ligure della Dc e ministro dell’Interno e il procuratore generale Coco si dichiararono decisamente contrari , affermando che lo Stato non doveva cedere al ricatto delle Brigate Rosse.
Dopo 35 giorni di sequestro, però, le BR, non sentendosi di uccidere il magistrato, lo liberarono, in un contesto che è sempre rimasto poco chiaro. Alcuni dei protagonisti di quel rapimento rimasero uccisi tempo dopo in conflitti a fuoco con le forze dell’ordine. Dopo il ritorno alla vita normale Mario Sossi riprese, ma decisamente più nell’ombra, le sue funzioni di magistrato alla Procura della Repubblica, alla Corte d’Assise e infine alla Procura Generale. Partecipò a qualche dibattito e a qualche rievocazione, ma con toni più tranquilli e distaccati. Andato in pensione svolse attività forense e, in un paio di occasioni, si candidò ad elezioni locali e nazionali in liste di estrema destra senza essere eletto. In particolare, negli ultimi anni, declinando il suo stato di salute, visse tranquillamente in disparte, senza più ritornare nella clamorosa vicenda del suo rapimento che aveva sconvolto non solo gli ambienti politici e giudiziari genovesi, ma anche l’opinione pubblica in Italia.
Come molti ricorderanno, anche nell’area di sinistra, era rimasta in piedi (e fu clamorosa nel caso di Aldo Moro) la diatriba tra chi puntava alla trattiva con le Brigate Rosse e chi la rifiutava nettamente per non dare al movimento estremista e terrorista alcuna giustificazione ed alcun riconoscimento formale. Genova, negli anni successivi al rapimento di Sossi fu scossa da vicenda tragiche di ferimenti e assassini, tra cui quello di carabinieri e poliziotti, di Coco e di Guido Rossa. Vicende che la memoria collettiva, pur mantenendo una condanna assoluta, per certi aspetti ha rimosso. E anche Mario Sossi ormai apparteneva a un ricordo di un’epoca delle più tristi della nostra storia. Sossi ne fu una delle tante vittime.
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