MES forse sì, forse no: se ne discuterà in Parlamento (dopo le elezioni)
di Paolo Lingua
L’Italia è, per molti aspetti, un Paese bizzarro. Le opinioni, leggere come piume, mutano al mutare del vento. Ma fermiamoci un istante: da quanto si discute se utilizzare o meno i potenziali fondi del MES? Un anno? Forse più. Ma sul MES, che pure disporrebbe per l’Italia di ben 37 miliardi di euro, a un tasso di interesse più basso del “Recovery Fund”, destinabili alla sanità, ci sono sempre dei “no” duri come macigni che hanno giustificazioni vaghe quanto cocciute e di sapore antieuropeo. E’ in caso, in prima fila, del M5s che, con il suo diniego, blocca il governo. Ma, sulla destra ci sono anche dei mal di pancia, di natura sempre antieuropea, che vengono da una parte della Lega e di Fratelli d’Italia. Favorevoli il Pd, Renzi, i partitini di centro, Berlusconi e anche l’estrema sinistra.
Sull’argomento, pur emergendo in queste settimane forti richieste e pressioni sia per la ristrutturazione della sanità pubblica sia per le ricadute indirette sulla riapertura delle scuole, si è sempre puntato al rinvio generico, all’attesa: insomma alla filosofia consolidata del “vedremo in seguito”, tanta cara alla nostra classe politica. Non sono stati fatti passi né in avanti, né indietro perché uno scontro tra Pd e grillini avrebbe messo in crisi l’alleanza di governo, già abbastanza fragile per conto suo. Per questo il presidente Giuseppe Conte ha sempre fatto il pesce in barile. La situazione dei complicati rapporti politici a livello di governo si è fatta più difficile nei giorni scorsi a causa della questione del referendum sul taglio dei parlamentari: nel Pd la voglia di votare “no” (tra l’altro vecchia scelta storica del partito) era fortissimo, ma Zingaretti e Franceschini hanno avuto un attacco di panico per la paura di una crisi e hanno inghiottitoi il “si” con i grillini che hanno addirittura dichiarato di non aver alcun interesse per una successiva legge elettorale e proposte di modifiche costituzionali. Tutto nel silenzio del premier.
Adesso, proprio ieri, Giuseppe Conte ha (parzialmente) resuscitato il MES, tanto è vero che a Roma , negli ambienti parlamentari e nei ministeri, girà la supposizione che un eventuale appoggio al MES potrebbe essere frutto di uno scambio per il “si” al referendum. Se c’è stato un patto sotterraneo non lo ammetterà mai nessuno dei protagonisti, ma, come diceva Andreotti, a pensar male si fa peccato, ma quasi sempre ci si azzecca. Resta il fatto che Giuseppe Conte, mentre annunciava l’impegno per mettere a punto i progetti del “Recovery” da presentare alla Ue all’inizio del prossimo anno, ha ammesso che si potrebbe approfondire il discorso sul MES. In effetti, con tanti esigenze che crescono e che si sono fatte più pesanti con la difficile e faticosa riapertura delle scuole, i 37 miliardi che sarebbero rapidamente disponibili e non sottoposti alla valutazione dei vertici tecnici dell’ Ue farebbero comodo all’Italia.
Però, per evitare polemiche dirette, Conte ha detto che l’eventuale ricorso al MES non sarà oggetto d’una decisione diretta dal governo, ma sarà frutto d’un ampio confronti nei due rami del Parlamento. Si affronterà l’argomento nel suo complesso, nella sua strategia e in chiave delle finalità di impiego, ma si sentiranno le ragioni e le considerazioni di tutti i partiti. In pratica, da quel che si è potuto capire, se si dirà di si al MES la decisione sarà frutto non d’una scelta del governo, ma sarà frutto di un dibattito corale dei deputati e dei senatori in funzione del bene dell’Italia. La prospettiva sembra ormai questa ed è anche comprensibile perchè il Pd ha continuato a cedere di fatto alle strategie grilline. L’obiettivo politico generale è comunque di non fare cadere il governo costi quello che costi per non dover ricorrere alle elezioni politiche che potrebbero, più che probabilmente, comportare il crollo del M5s e la riduzione massiccia dei parlamentari di Italia Viva oltre che dei piccoli partiti della estrema sinistra. Questo spiega, mentre si apre al MES, il fatto che a ogni passo si ribadisca che il governo non andrà in crisi, qualunque sia l’esito delle elezioni regionali sulle quali, invece, punta tutte le sue carte (per ora non ne ha altre) il centrodestra.
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