Marco Bucci punta al bis a Palazzo Tursi

di Paolo Lingua

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Marco Bucci punta al bis a Palazzo Tursi

Era prevedibile che Marco Bucci, 60 anni,  decidesse di puntare a un secondo mandato come sindaco di Genova. Quando è stato eletto nel 2017 era una figura completamente sconosciuta, anche perchè da sempre è vissuto fuori dai partiti e dalla politica.  Edoardo Rixi, leader ligure della Lega, lo aveva apprezzato come manager di Liguria Digitale. E s’era reso conto che Genova aveva bisogno d’una personalità “diversa”, ma con precise capacità, dopo due gestioni di centrosinistra che avevano visto le contraddizioni e le confusioni della gestione di Marta Vincenzi e la conduzione asettica e “gelida” di Marco Doria. Bucci era stato “pescato”, dopo trent’anni di carriera manageriale in parte in Usa in parte in Italia, per molti aspetti per caso per fare sintesi di un accordo difficile all’interno del centrodestra.

Il suo primo anno di gestione lo aveva visto sovente corrucciato per quelle che a lui parevano lentezze  a perdite di tempo d’una burocrazia poco incline alle decisioni. Sono noti i suopi scontri e le sue impuntature. Poi, inaspettatamente, il meglio di sé lo ha dato all’indomani della maggior tragedia che aveva colpito la città dal dopoguerra, ovvero il crollo del Ponte Morandi con 43 vittime. Nel volgere di pochi mesi, Marco Bucci ha capito, anche sulla base di precedenti italiani tutt’altro che positivi, che occorreva, anche per l’urgenza d’una struttura fondamentale per la comunicazione della Liguria e dell’Italia, agire con la massima determinazione e non perdere un solo istante nel processo della ricostruzione.

I responsabili del governo di allora, anche loro frastornati da quel dramma assurdo e imprevedibile, hanno concordato la scelta della gestione commissariale e hanno individuato in Bucci la persona più idonea a coprire quel ruolo. E così è andata. Bucci non ha solo diretto con rigore e capacità l’opera di ricostruzione, spingendo a evitare errori e tempi morti (pericoli sempre in agguato) ma ha in qualche modo “scritto” metaforicamente un saggio operativo che potrà diventare un modello che non è destinato a restare unico, ma che, anche nell’opinione diffusa ormai a tutti i livelli, ma che deve diventare un “modus operandi” ripetitivo e comunque da imitare sempre, in particolare per quel che riguarda le opere pubbliche di grande importanza e dimensioni e di rilievo strategico  per il paese.

E’ un concetto che è stato fatto proprio nei giorni scorsi dal presidente Giuseppe Conte e dal ministro Paola De Micheli, oltre che da molti imprenditori e manager. In passato ci sono stati troppi stop assurdi e inutili  che hanno provocato danni all’economia italiana. Anche perché ogni volta che decollava una grande opera pubblica assistevamo a una rissa anche giudiziaria di ricorsi e di denunce, per non parlare di dibattiti politici moralistici, psudoecologisti alla caccia sovente di margini di consenso elettorale. Il ponte è stato ricostruito nel modo migliore e a grande velocità. Resterà dunque un modello anche politico, per gli amministratori di domani. Basta dibattiti pubblici e inutili convegni con spreco di fiumi di parole inutili.

Questa vicenda è certamente la molla che ha fatto innamorare Marco Bucci del suo ruolo e della sua carica. Ovviamente la cosa andrà decisa anche con i partiti alleati della,coalizione, anche se sembra assai difficile trovare una alternativa. Bucci ha aggiunto che spera di dare vita, se possibile, chiusa la vicenda del ponte, a una nuova impresa che potrebbe essere (e sarebbe saggio che lo fosse) di struttura gestionale commissariale. Ovvero il famoso “ribaltamento a mare” della struttura operativa della Fincantieri, una delle imprese protagoniste della ricostruzione del ponte. Se ne parla da troppi anni e Genova avrebbe bisogno di un rilancio cantieristico di alta qualità e di livello internazionale, visto il potenziale di ordinazioni che già sono state richieste alla grande e storica azienda di Stato. Se Bucci prenderà per i capelli il progetto e lo gestirà come è avvenuto con il ponte passerà davvero alla storia come  il barone Andrea Podestà, sindaco ridisegnatore di Genova alla fine dell’Ottocento.