La vicenda infinita di Banca Carige
di Fabio Canessa
3 min, 3 sec
Il Punto di Paolo Lingua
E’ difficile prevedere, a questo punto, quando sarà possibile concludere, si spera positivamente, la vicenda della banca Carige che da dieci anni ormai naviga in un mare procelloso, non si sa neppure se con una rotta precisa.
Tra ieri sera e stamani è emersa la notizia del ritiro dalla corsa per la sua conquista del fondo americano “BlackRock”, detto ironicamente “roccabruna”, che sembrava sino a pochi giorni fa disponibile a un acquisto “alla grande” con un proposta di ulteriore crescita di molte centinaia di milioni che lo avrebbero portato a coprire oltre il 45% del presunto pacchetto azionario, per ora fermo perché il titolo Carige da due mesi è sospeso in Borsa.
E meno male che sia così perché altrimenti con gli ultimi colpi di scena si sarebbe andati verso situazioni penalmente rilevanti. Non si sa bene e non si sa nemmeno esattamente che cosa è accaduto, ma il fondo BlackRock di fatto s’è ritirato dalla corsa per la conquista della banca genovese perché ha ritenuto l’impegno troppo pesante e non remunerativo per dirla in parole povere.
Questa scelta, neppure troppo illustrata, ha fatto sballare le ipotesi, sino a ieri date per scontate, d’una vasta parte dei media locali e italiani, per non parlare di esponenti di punta del Governo (i ministri Tria e Di Maio) che avevano espresso giudizi positivi sulla ipotesi di acquisizione della Carige da parte del fondo americano.
Oggi silenzio generale all’insegna della figuraccia e della espressione della superficialità e della disinformazione. La vicenda della Carige, per certi aspetti, ha fatto saltare i nervi della politica, del mondo mediatico e degli osservatori vicini alla problematica finanziaria e creditizia. Nessuno ha capito che la situazione della banca Carige era assai complicata che importava passi felpati da parte di tutti i protagonisti. Ma att9orno alla banca c’erano troppe impazienze incalzanti, tutte alla ricerca nevrotica d’una soluzione rapida.
Cosa invece impossibile. La vicenda dell’istituto di credito ligure per eccellenza, a questo punto, necessita di tempi allungati e di valutazioni complesse e approfondite. Tutte operazioni che, in qualche modo, hanno l’urgenza della presenza al tavolo delle decisioni della famiglia Malacalza che detiene il 27% del pacchetto azionaria della Carige e che può ancora, in assemblea, bloccare l’aumento del capitale o qualunque altra decisioni dell’istituto.
Tutto quanto di cui si parla a vanvera in queste ore si risolve in un bla bla senza costrutto. Il Governo ha poca voglia di trasformare la banca in una realtà pubblica e spera che risolva da sola i suoi problemi. I sindacati di categoria insistono nella difesa dei posti di lavoro.
La “trimurti” dei commissari reggenti - Fabio Innocenzi, Raffaele Lener, Pietro Modiano – ha il fiato grosso perché, lo si è capito, è stata presa in contropiede dalle decisioni di BlackRock e adesso deve muoversi con attenzione di fronte a nuove eventuali proposte di gruppi finanziari, delle reazioni del gruppo Malacalza o di mosse più complesse che vedano in azione la Bce o la Banca d’Italia, considerato che il Governo ha dimostrato la propria incapacità a capire e ad agire in questo contesto, forse nella speranza che il fondo Usa levasse tutti i protagonisti dai pasticci.
Ma nel campo della finanza non esistono purtroppo bacchette magiche o soluzioni “facilone” e liberatorie. Sarà, per i prossimi mesi, un lavoro lento e sotterraneo per far quadrare, se sarà possibile, tutti gli aspetti complessi della vicenda e tenere in equilibrio gli interessi che rischiano gravi danni (basta pensare gli investimenti del gruppo Malacalza). Ci vorranno alcuni mesi, nella speranza che tutto fili liscio, perché si arrivi a intravedere la fine della lunga rotta, nella speranza che i nocchieri sappiano tenere ben fermo il timone.
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