La storia infinita della Gronda, trent'anni di discussioni e di confronti
di Paolo Lingua
Della ormai leggendaria Gronda autostradale (all’inizio era indicata come la “bretella”) si è cominciato a parlare a Genova e in Liguria all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso. Prima più timidamente e in termini astretti, quasi intellettuali. Ma, nel volgere di un anno o due, la sinistra che, sia pure in crisi nazionale (era decollata “mani pulite”), deteneva il potere nelle amministrazioni locali, passò il piede dall’acceleratore al freno. Si temeva, in un momento di confusione politica, in una sollevazione dei verdi e degli ambientalisti, allora più forti elettoralmente. Inoltre si stava muovendo una sollevazione di molti residenti della Val Polcevera e delle valli d’intorno per l’impatto ambientale dei lavori e per sicuri interventi di demolizione di edifici residenziali con traslochi forzosi e complicati procedimenti amministrativi.
La vicenda della Gronda, nel giro di boa dell’avvento del nuovo secolo, subì un arresto, anche se, con la crescita progressiva del traffico (in particolare quello merci, legato alla vita portuale), la struttura autostradale si rivelava sempre più inadeguata. Non solo: cominciavano, anche se nessuno temeva la tragedia che poi sarebbe avvenuta, a emergere le problematiche delle arterie autostradale e cominciavano i primi interventi sul Ponte Morandi, della cui tenuta qualcuno mormorava. Nel frattempo c’era stata la non lieve diatriba sulla questione del Terzo Valico, che aveva visto contrari all’inizio l’estrema sinistra, gli ambientalisti-verdi e il M5s in via di decollo e di rapida ascesa politica. Il Terzo Valico, alla fine, passò con una netta spallata della sinistra e del mondo imprenditoriale. Ma ne sofferse, quasi per compenso politico, la vicenda della Gronda che, di volta in volta, risorgeva a livello di discussione politica e mediatica. Il progetto si distendeva e - via via – venivano già fatti gli acquisti forzati di aree ed edifici sulla base d’un tracciato che di fatto era definito. Poi vennero, soprattutto in Comune (in Regione sia il centrosinistra, sia il centrodestra erano favorevoli) le giunte di Marta Vincenzi e poi di Marco Doria nettamente contrarie. Il Terzo Valico era ormai in lavorazione, ma, in sostanza, la Gronda rimaneva ferma anche se c’era un certo andirivieni tra Genova e i governi romani di progetti sempre più definiti.
Quando si chiuse la vicenda politica dei governi di Renzi e di Gentiloni il progetto della Gronda era arrivato alla sua definizione. Non solo, sulla carte c’era già la base per la prima fase di finanziamento. Ma con la presenza dei grillini al governo, nonostante il parere favorevole dei leghisti, tutto si fermò, anche perché la Gronda era accomunata alle “grandi opere pubbliche” di cui il M5s era fiero avversario a cominciare dalla Torino – Leone oggetto di guerriglie urbane. E adesso con il nuovo governo giallorosso? Il Pd, che vuole andare avanti con le opere pubbliche perché le ritiene uno strumento di ripresa economica, di investimenti e di occupazione, sembra aver bloccato ogni polemica. Da mesi Paola De Micheli, ministro dei trasporti, ribadisce che il progetto della Gronda non sarà modificato, che non si perderà più tempo nella vaga discussione dello studio costi-benefici (una scusa per non decidere inventata dai ministri grillini) e che potrebbero recuperarsi i fondi necessari. Tra l’altro, il crollo del Ponte Morandi ha dimostrato quanto sarebbe stato importante non perdere trent’anni di parole inutili e realizzare la Gronda che avrebbe attutito gli effetti del disastro.
Paola De Micheli in questi giorni è tornata ancora una volta sul tema. La Gronda è dunque dietro l’angolo, anche se ci vorranno diversi anni a realizzarla? Potrebbe essere la volta buona a dire di sì, sentite anche le associazioni imprenditorial9i e tutte le istituzioni pubbliche. Ma, visto il passato, ci si può fidare? Ah saperlo… per dirla con Cechov.
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