La saga della famiglia Costa

di Paolo Lingua

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La saga della famiglia Costa

La morte di Giacomo Costa all’età di 92 anni ha riportato alla mente dei genovesi la vicenda quasi centenaria d’una delle maggiori “great family” della storia di Genova, abbracciando interessi non solo economico-imprenditoriali, ma anche culturali, morali e religiosi. La famiglia Costa è stata una dinasty articolata e complessa gestita singolarmente da criteri generazionali e meritocratici, con rituali comportamentali singolari e originali. Giacomo, che ieri ha chiuso gli occhi, era il primogenito di Angelo, il componente della famiglia che nel dopoguerra è stato certamente il più importante: due volte presidente della Confindustria, in dialogo con i governi dell’epoca per le strategie della rinascita e del cosiddetto “boom”. Angelo, al cui funerale volle essere presente anche Gianni Agnelli in segno di profondo rispetto, regnava ancora su un “impero” imprenditoriale articolato: riparazioni navali, grande flotta sia passeggeri sia mercantile, oleifici, proprietà immobiliari. Pure i Costa, sia pure con la massima discrezione e senza arroganza, erano importanti come collezionisti d’arte e attenti al mondo della cultura. Così come  erano cattolici austeri e praticanti, ma con comportamenti discreti e al centro di attività di beneficienza. La gestione imprenditoriale, in tutti i suoi settori, era gestita dai diversi rami con un sistema di gerarchia paternalistica ma anche meritocratica, Ogni aspetto produttivo procedeva autonomamente, ma con collegamenti di vertice. La famiglia era caratterizzata da sempre, soprattutto dagli anni Venti del secolo scorso in poi, da una numerosa proliferazione. Ogni ramo aveva una media di sei o sette figli (e anche di più) per ogni nucleo. Oggi con tutti i riferimenti collaterali i Costa superano il migliaio. Ma tra la fine degli anni Ottanta e Settanta molte attività sono state chiuse o cedute. E quindi figli e nipoti hanno percorso strade autonome e differenziate, o imprenditoriali o professionali, ma molte donne si sono dedicate, sempre nel solco di interessi familiari, nell’insegnamento universitario nel campo della storia dell’arte, mentre un ramo della famiglia gestisce ancora a Genova stagioni di concerti di musica classica. Per non parlare di istituzioni benefiche.  Un ramo gestisce con successo l’Acquario. Ma è indubbio che il clou del potere della famiglia passa nel primo ventennio del dopoguerra che sarebbe interessante poter ricostruire, perché Angelo Costa, anche come presidente della Confindustria, mise a punto un rapporto costruttivo per l’economia genovese, creando una stretta alleanza con le imprese pubbliche dell’Iri, fortemente presenti a Genova, dall’Ansaldo all’Italsider e tutto quanto era connesso. Fu un grande mix pubblico-privato che contribuì a crescita della ricchezza e dell’occupazione.  Mediatore di questo rapporto fu Paolo Emilio Taviani, leader politico del territorio.  Il sistema – in crescita funzionale – durò almeno vent’anni ed ebbe importanti connessioni sia nazionali sia internazionali.  Giacomo Costa, i cui funerali si sbolgeranno domani mattina  nella chiesta di via Assarotti ebbe il compito di gestire la cessione della flotta Costa che ancora era importante soprattutto per il settore passeggeri al gruppo americano Carnival che la gestisce ancora sia pure ancora con il nome il simbolo della famiglia fondatrice. Eravamo nel 1996 e decollava l’era del mercato crocieristico. Oggi la “Costa Crociere” è uno dei gruppi di shipping maggiori al mondo nel suo settore. Si può dire che i Costa, come dinasty emergente, sono usciti lentamente di scena, ma senza crisi e senza fallimenti. Tutti gli eredi vivono e lavorano a livelli di prestigio, ma ormai separati tra loro, anche se sono in molti a rivedersi d’estate nei possedimenti familiari di Courmayeur , nel solco della tradizione.