La nomina di Montanari spacca il Pd, tensioni sulle scelte della sindaca Salis

di Matteo Cantile

3 min, 17 sec

La nomina alla Cultura scatena le tensioni interne, tra accuse di esclusione e malumori per la scarsa rappresentanza democratica in Giunta

La nomina di Montanari spacca il Pd, tensioni sulle scelte della sindaca Salis

Se la Giunta è fatta - la presentazione ufficiale è prevista nel pomeriggio - non si può dire che la polvere si sia veramente posata a terra: le frizioni interne al Partito Democratico sono infatti evidentissime e a poco serve una generica professione di compattezza. Quattro assessori a un partito che ha conquistato il 30% degli elettori, infatti, sono veramente pochissimi e lasciano l'amaro in diverse bocche.

Minoranza sul piede di guerra – Il Pd è un partito balena attraversato da molte anime, non sempre - anzi forse quasi mai - perfettamente allineate: ma questa volta c'è un tratto che accomuna gli esponenti d'ogni corrente, la delusione. Che si fa veleno nella minoranza, che denuncia non solo il merito ma anche, forse soprattutto, il metodo con cui è stata costruita la squadra che deve governare Genova. In particolare il fatto che nella riunione andata in scena ieri a tarda sera (ora di inizio 23.30) nessuno di loro sia stato invitato. Una mancanza di accortezza che la maggioranza - e forse anche la sindaca - tendono a giustificare con l'ora insolita.

Il superconsulente – "Ma come può essere venuto in mente di nominare alla Cultura il superconsulente di Marco Bucci?", dice un esponente Pd con il dente avvelenato. È questo il nodo cruciale su cui si sono avvitati i rapporti interni ai Dem: perché se da una parte è vero che Montanari non è certo mai stato uomo di destra, è anche vero che ha lavorato a stretto contatto con le ultime giunte, ha avuto ruoli apicali e centrali nella definizione delle politiche culturali, e inserire lui per escludere un esponente Pd è considerato un sacrilegio. Al punto che c'è chi si spinge a gettare sul segretario genovese, Simone D'Angelo, la croce di tutte le responsabilità.

Il caso riformista – C'è poi un tema di corretta ripartizione politica: alla lista Riformista, quella centrista formata da Azione e Italia Viva, vanno due assessori, entrambi donne: Cristina Lodi e Arianna Viscogliosi. Una sproporzione evidente tra il numero dei posti in Giunta e il risultato elettorale della lista. "Se valesse lo stesso principio, al Pd ne dovrebbero andare 30", scherza con il sorriso amaro un esponente Dem. Da un lato, però, c'era la necessità di consentire a calendiani e renziani di essere entrambi rappresentati, dall'altro hanno prevalso le relazioni personali, buonissime tra le due neo assessore e la sindaca.

I paletti – Con un posto in meno (quello destinato ai riformisti) era stato chiaro fin dalla scorsa settimana che al Pd sarebbero andate quattro posizioni e che un quinto incarico (tra cultura, sicurezza e trasporti) sarebbe stato assegnato a un tecnico. Che, peraltro, doveva essere uomo per la questione della parità di genere che altrimenti non sarebbe stata rispettata (per una volta, al contrario).

La questione Pesci – Uno dei nomi valutati seriamente dalla sindaca è quello di Stefano Pesci, considerato l'uomo giusto per prendere in mano la difficile delega ai Trasporti. Pare che il suggerimento sia arrivato dalla minoranza del partito e che la Salis lo abbia fatto suo e difeso. Ma alla maggioranza Dem quel nome andava completamente indigesto, essendo stato direttore di quella stessa Amt che il Pd non aveva fatto altro che criticare.

La cultura – Disinnescato il "pericolo" Pesci, è stato rimesso in lizza il posto tecnico: con la Giunta che andava ormai definendosi, l'incarico ancora libero - ma centrale nella visione di città di Silvia Salis - restava quello del titolare della Cultura. Tramontata l'ipotesi Laura Sicignano (brava e apprezzata ma donna, e non poteva esserlo per il già citato concetto di parità di genere), sono rimasti sul campo due possibili esponenti Pd, Massimiliano Morettini e Marco Ansaldo. Entrambe le ipotesi non hanno convinto Silvia Salis, che ha deciso di deviare – con l'accordo della maggioranza Pd nella famosa riunione di ieri notte – su Giacomo Montanari, scatenando le ire di buona parte del partito.

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