La bimba inglese ammalata e il prestigio internazionale del Gaslini
di Paolo Lingua
Il punto di Paolo Lingua
Ha creato una vasta eco di risonanza e di emozione morale la notizia della decisione della magistratura inglese che, scavalcando l’ospedale londinese dove era ricoverata, ha stabilito che occorre tentate ogni sforzo possibile per salvarle la vita, accogliendo l’appello dei genitori, a loro volta cittadini britannici ma d’origine islamica. La piccola Tafida, che dopo un intervento cerebrale, è in stato simile al coma, verrà a Genova e sarà affidata alle cure degli specialisti dell’ospedale pediatrico “Giannina Gaslini”. Dal “Gaslini” è giunta la conferma: una équipe di specialisti si impegnerà nelle cure e nel tentativo di salvarle la vita. Per i medici di Londra non ci sarebbe più nulla da fare e sarebbe inutile l’insistenza terapeutica. Invece, con una sentenza rivoluzionaria, la situazione si è ribaltata. Ora si dovrà organizzare il trasporto in aereo e predisporre tutte le strutture di accoglienza. Per la bimba e per i genitori si è riaccesa la fiammella della speranza. Per il “Gaslini” e per i suoi specialisti pediatri ci sarà un grande impegno nel quale si fonderanno insieme, in un unico sforzo, la generosità e la scienza medica.
Per un ospedale come il “Gaslini” non è una novità. Accanto a normali attività terapeutiche, da sempre, sin dalla sua fondazione l’ospedale genovese è stato un centro di eccellenza di livello internazionale, sorto con un collegamento integrato con l’Università e i centri di ricerca di tutto il mondo. E la vicenda della piccola Tafida sembra riallacciarsi emblematicamente alle motivazioni che hanno portato il suo fondatori, l’industriale Gerolamo Gaslini, a farlo sorgere. Nel 1917 infatti una delle due figlie di Gaslini, Giannina, decenne, venne colpita da una grave forma di peritonite. Morì perché non c’erano i mezzi, anche tecnici e chirurgici, per salvarla. Per un uomo come Gaslini, duro, deciso, anche spregiudicato come protagonista del mondo dell’industria e della finanza, fu un colpo durissimo, una ferita mai più rimarginata. Tra l’altro, ancor per una decina d’anni dopo la scomparsa di Giannina, bambini e adulti morivano per causa della peritonite, ma i bimbi erano vittime di malattie non ancora curabili. Gaslini iniziò a studiare il suo progetto verso la fine degli anni Venti. Si informò sui progressi della scienza, mandò suoi inviati di fiducia per il mondo. Quindi individuò a Genova l’area ideale per realizzare il nuovo ospedale, scelse un architetto di vaglia per il progetto urbanistico.
Il nuovo ospedale pediatrico, il primo in Italia e uno dei primi nel mondo, venne inaugurato nel maggio del 1938 in occasione d’una visita “storica” a Genova di Benito Mussolini. Dopo la fine della guerra decollò in un crescendo di successo e di funzionalità. Gaslini aveva puntato a scegliere tra i suoi medici quanto di meglio c’era sulla piazza, curando anche la formazione del personale ausiliario (infermieri, tecnici di laboratorio, ostetriche, ecc.). Con una mentalità da grande imprenditore quale era voleva il suo ospedale, intitolato alla memoria della sua bambina scomparsa, fosse concepito, in tutti i sensi, come una “azienda modello”, una eredità che nessuno dei successori di Gaslini, né dei professori, ricercatori, primari, medici e di tutto il personale tecnico ha mai tradito. Il “Gaslini” è in un certo senso collegato e stretto in una sorta di “catena morale” che lega l’impegno terapeutico e la ricerca scientifica all’impegno morale. Conta per l’ospedale che s’affaccia sul mare di Quarto un “modus operandi” che lo distingue da qualunque altro centro terapeutico. Con il desiderio di non piegare mai la testa di fronte alle sfide che appaiono impossibili. E questo spirito si dispiegherà per salvare la vita della piccola Tafida. “Pueris floribusque lumen solis” dice il motto del “Gaslini”.
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