L'incerto avvenire della Banca Carige, tra molte azioni giudiziarie
di Paolo Lingua
Si fa più complessa la già tormentata vicenda della Banca Carige, per il momento ferma in attesa dell’evoluzione del mercato ma ancora lontana da una possibile ripresa condizionata da poco probabili aumenti di capitale “esterni” o dal possibile inserimento un struttura finanziarie di maggior respiro. Non si deciderà nulla sino a che non saranno chiariti troppi aspetti ancora irresoluti del passato.
Ieri il gruppo Malacalza, già azionista di riferimento con oltre il 27% del pacchetto azionario poi ridimensionato nel corso dei più recenti consigli d’amministrazione, ha segnato un importante punto a proprio favore. La corte di giustizia europea ha accolto il ricorso del gruppo contro la Bce che aveva rifiutato di mettere a loro disposizione la documentazione sull’aumento del capitale, deciso dai consigli d’amministrazione Modiano-Innocenzi tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019.
I Malacalza si erano opposti e poi la banca era stata commissariata affidando la gestione sempre a Modiano e a Innocenzi, con l’aggiunta di Lener. Ora però la situazione è ribaltata e, esaminate la documentazione e le motivazioni, il gruppo ex azionista di riferimento potrebbe aprire nuove azioni giudiziarie, mentre prosegue per conto proprio l’altra azione promossa dai Malacalza per il recupero del danno finanziario subito, oltre 400 milioni. Non solo: è in corso anche un’azione penale della procura di Milano in margine alle decisioni e alla scelte dell’ex amministratore delegato Fiorentino, per la gestione che ha preceduto Modiano e Innocenzi.
In parole povere, la Carige, anche se gli attuali amministratori sono estranei alle vicende precedenti al loro insediamento, è circondata da azioni giudiziarie civili e penali che, sia pure con il rallentamento della giustizia di questi mesi legato alla vicenda del coronavirus, condizionano le sue future strategie. Nel corso di otto anni, da quando scoppiò il primo scandalo legato alla gestione di Giovanni Berneschi, l’istituto che è stato per oltre mezzo secolo il sindaco dell’attività bancaria e di raccolta del risparmio della Liguria, centro di potere della vecchia Dc di Paolo Emilio Taviani, ha conosciuto solo vicende infelici.
L’ingresso in campo del gruppo Malacalza con un massiccio investimento di capitali freschi sembrava aver consentito il rialzo della testa della Carige. Invece in pochi anni si sono succeduti tre consigli d’amministrazione oltre che un anno di commissariamento. La banca ha perduto clientele a tutti i livelli, risparmiatori, piccoli azionisti che hanno visto polverizzati i loro capitali, mentre sono state diffuse a livello altalenante notizie ottimistiche e pessimistiche. Difficile districarsi in una situazione confusa: il ritorno in Borsa, ormai bloccato da oltre un anno, appare sempre più difficile, anche perché l’esito delle numerose cause in corso potrebbe rovesciare ogni possibile strategia.
Per la Carige, perso ormai il ruolo storico di leadership in Liguria, l’ipotesi più concreta potrebbe essere la sua acquisizione in un gruppo bancario di respiro nazionale cui interessi occupare gli sportelli della Liguria. Ma a questo punto la questione non solo è del “come” questo possa avvenire (impedendo che la banca sia ceduta a prezzo stracciato sul mercato) ma da “chi” dovrà gestire l’operazione, considerato che forse, in questo contesto economico generale, appare difficile il percorso di rimettere in sesto, in piena autonomia, l’istituto (che era forse il “dream” iniziale di Malacalza, con una strategia più industriale che bancaria).
Ma questi interrogativi fondamentali con ogni probabilità dipenderanno dall’evoluzione delle azioni giudiziarie in corso. Si capisce che il gruppo Malacalza tende a riprender le redini della vicenda per gestire l’ultimo atto della tragedia, considerato che altri azionisti di qualche peso, anche se minori, come Volpi o Mincione, sono spariti completamente dalla scena, avendo votato a suo tempo, insieme ad altri minori locali, contro la linea Malacalza. Sono molti i nodi da districare ancora.
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