Il referendum sul taglio dei parlamentari naviga nella palude

di Paolo Lingua

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Da alcuni giorni, mentre le attività pre-elettorali dei partiti  sembrano concentrate sulle candidature per le regionali, è emerso sui media, nel dibattito dei costituzionalisti e all’interno dei diversi movimenti, un nuovo “tormentone” che ha per oggetto il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari. Su questo tema si è aggiunta la serrata polemica su una possibile legge (non ancora approvata, ma che sarebbe anche necessaria) di riforma elettorale. E qui è nato un nuovo conflitto trasversale su chi vorrebbe un sistema proporzionale (magari con sbarramento) e chi vorrebbe un sistema maggioritario. Le posizioni tra le forze politiche sono al picco della confusione mentale e sono frutto d’una riforma costituzionale che è rimasta ferma non a metà ma piuttosto a un quarto del cammino che sarebbe stato logico e razionale. Purtroppo in Italia, da sempre, dopo il varo della Costituzione nel 1948 dove partiti profondamente diversi (e anche fieri avversari) trovarono accordi e sintesi, con grande intelligenza e senso di responsabilità,  non sono state possibili riforme istituzionali di livello. 

Il frazionismo e il particolarismo hanno sempre avuto il sopravvento, partorendo così riforme a metà o sovente contraddittorie. Soprattutto nelle leggi sui sistemi elettorali i partiti maggiori puntavano sul maggioritario per ingoiare forzatamente elettori, mentre i piccoli puntavano sul proporzionale esasperato per non scomparire. Infine, e questo è l’aspetto più grave, non è mai stato possibile mettere a punto una riforma capace di equilibrare  i poteri tra governo, parlamento e magistratura. Anche in questo caso non c’è mai stata una visione “superiore”, ma solo posizioni strumentali, salvo poi pentirsi amaramente. Ma veniamo alla situazione contingente. Dietro la spinta demagogica (“punire la politica” che costa troppo) del M5s il Pd ha accettato il Taglio dei parlamentari. Una norma che dovrà poi passare al vaglio del referendum, insieme alle elezioni regionali ne amministrative. Una riforma nata per compiacere chi ragiona “con la pancia” e alla quale molti partiti hanno detto “sì” sempre per correre dietro alla facile popolarità. Ma oggi se ne vedono gli aspetti negativi che non sono pochi (maggiore inefficienza del parlamento, non chiariti i rapporti di equilibrio con il governo, incertezze sul sistema elettorale perché il taglio, se poi dovesse passare il sistema maggioritario, farebbe sparire tre quarti o anche più dei partiti in campo. Alla fin dei conti si otterrebbe solo un taglio fine a se stesso con molto modesti risparmi sui bilanci nazionali che, oggi con il coronavirus e la crisi economica mondiale, hanno bel altro “profondo rosso”  che emerge.

La vicenda ricorda il pasticcio – ancor oggi con strascichi giudiziari costituzionali – del taglio dei vitalizi (parlamentari e consiglieri regionali) che poi è degenerato in norme diverse e contraddittorie tra Camera, Senato e le 20 regioni italiane. Ora la situazione è complessa perché sia all’interno del centrosinistra, sia all’interno del centrodestra, la proposta per la legge elettorale è spaccata obliquamente tra il maggioritario e il proporzionale. Ma , sempre che si trovi in accordo nei due rami del Parlamento, ci saranno i tempi tecnici per far approvare una legge prima del confronto elettorale? Tutto è possibile ma, per il momento, sono articolate e frammentarie le posizioni, per non parlare di possibili “piroette”, magari frutto i accordi sotterranei. Emerge, progressivamente, invece un sostanziale dissenso dal referendum sul taglio dei parlamentari. Cresce il numero (di chi ragione con il cervello e non con la pancia) di elettori moderati, sia progressisti sia conservatori, disposti a bocciare il referendum. A volerci riflettere se dovesse rimanere una proposta monca e con soltanto effetti negativi sul funzionamento delle camere elettive, alla fin dei conti sarebbe un bene liquidarlo e, semmai puntare a riforme più complesse e frutto di profonde riflessioni che puntino al miglioramento del funzionamento dello Stato. Ma in questo momento anche questa ipotesi politica che sta guadagnando favori mette in difficoltà  chi ha votato il taglio per tatticismi contingenti.