Il 'non finito' in economia e opere pubbliche, vecchio difetto della Liguria

di Paolo Lingua

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Il Punto di Paolo Lingua

Il 'non finito' in economia e opere pubbliche, vecchio difetto della Liguria
Il “non finito” non è una caratteristica artistica peculiare di Michelangelo, ma è piuttosto un vecchio difetto di Genova e della Liguria che, forse, sarebbe meglio indicare come “l’annunciato” che non si realizza mai oppure chissà quando. Basterebbe pensare a un’opera in corso, il “Terzo Valico” ferroviario, la cui enunciazione, frutto d’una analisi di mercato, ma anche economica e di servizio pubblico, fu adombrata all’inizio del Novecento e, per corso di più d’un secolo proclamata e abbandonata. In maniera concreta il tema fu affrontato grazie all’iniziativa dell’avvocato Peppino Manzitti alla metà degli anni Ottanta. Siamo sinceri se il progetto di Manzitti fosse stato messo a punto non in un paese autoritario ma soltanto negli Usa, il Terzo Valico sarebbe stato una realtà funzionale alla metà degli anni Novanta.  La Gronda aveva un finanziamento in larga percentuale circa trent’anni fa. Ancora oggi se ne parla oscillando tra i pro e i contro, sia a livello locale sia a livello di governo. Ci sono volute, in trent’anni e più, tre paurose alluvioni con gravi danni alle strutture, all’economia e molti morti per capire che occorreva imbrigliare il Bisagno e i suoi affluenti: la città è dissacrata da lavori interminabili che buttano all’aria il traffico del centro. Ci sono voluti quindici anni per realizzare la metropolitana più corta del mondo, o quasi. Il colle degli Erzelli è oggetto di discussioni da quasi quarant’anni, ma le strutture operative sono quasi torri nel deserto. Ospedali, università, abitazioni, servizi, impianti sportivi si plasmano solo nella fantasia dei politici, ma su tutto s’impone il regime dei veti incrociati talvolta palesi, talvolta occulti. Un’opera pubblica sola è stata realizzata a tempo di record: la Sopraelevata. Se ne può anche dire male nei convegni degli architetti amanti dei sogni (o degli incubi?), ma resta l’arteria che ha riunito Ponente e Levante. E, detto con un sorriso perfido a fior di labbra, abbiamo accolto con favore la notizia che non sarà demolito il tratto finale che immette il traffico alla Foce. Era una follia. Ma l’interruzione dell’ipotizzato progetto è frutto d’una realizzazione che già si inoltra nel lontano futuro, ovvero il Waterfront di Levante, ex Blue Print di Renzo Piano. Lenta la demolizione dell’ex Palazzo della Nira per via dell’amianto. Incerta la possibilità della realizzazione d’un canale attorno al piazzale caratterizzato da edifici abbandonati, mentre non si sa che fare dell’imponente Palasport che non ospita più mostre, eventi sportivi, concerti, esposizioni e così via. D’altro canto sulle prospettive di questi spazi e del progetto della Darsena sportiva s’è aggiunto l’iter d’un complesso procedimento amministrativo al Consiglio di Stato. Tutti i dubbi si addensano. Nei giorni scorsi abbiamo parlato dell’importanza di dar vita a un grande approdo crocieristico nel porto, tra Ponte dei Mille e Ponte Parodi, area dove pende (per sempre) un progetto sbagliato mai realizzato. Ma quando sarà possibile mettere metaforicamente mano ai picconi? Con quali mezzi? Ma non ci saranno opposizioni e ricorsi? Spiace manifestare diffidenza o dubbio, ma la storia, dal dopoguerra a oggi, ci ha mostrato solo mezzi fallimenti oppure ritardi assurdi. Vale la pena, ma è quasi un discorso da caffè, ricordare il progetto del tunnel sottomarino nel porto per dirottare il traffico leggero. Chissà dov’è finito il faldone? E dove sono gli uffici che se ne dovevano occupare? A questo punto, meglio l’oblio. Resta il punto interrogativo della Sopraelevata (ma anche la Pedemontana fu una realizzazione rapida): come mai tutto venne fatto così in fretta? Si vede che gli oppositori cronici in quegli anni erano distratti o in vacanza. E’ un motivo in più per ricordare il sindaco Vittorio Pertusio, uomo di gran classe.

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