Il dramma del maltempo e le contraddizioni del governo

di Paolo Lingua

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Il dramma del maltempo e le contraddizioni del governo

Al di là delle dichiarazioni di carattere generale di fronte ai danni, anche molto gravi e preoccupanti del maltempo, sia pure tra le righe emergono già le differenze strategiche all’interno del Governo. Tutti parlano di solidarietà, di impegno comune, dell’esigenza di affrontare tutte le problematica, del favore per la prevenzione e di impegno per interventi generali sul territorio e sulle infrastrutture colpite, ma quando si passa ai contenuti specifici i discorsi sono meno omogenei dei proclami che puntano all’unità di intenti.

Anche dalla visita-lampo del ministro Paola De Micheli a Savona possiamo trarre gli avvertimenti che ci inducono alla cautela per i prossimi anni.  Emerge  subito che il M5s, accanto alle considerazioni generali sul dramma del nuovo crollo autostradale e sugli allagamenti,  esondazioni, frane di fango che hanno colpito la Liguria nelle ultime 24 ore, è pronto, come sempre nella sua vecchia linea politica storica, a mettere il piede sul freno per le grandi opere. E’ scattato, a livello governativo e a livello locale, il nuovo annuncio di stop per quel che riguarda i lavori per l’eventuale realizzazione della Gronda autostradale. Si teme che nuove gallerie peggiorino la condizione critica  del territorio dell’entroterra aumentando i rischi di crolli e frane. Al di là dell’esigenza, fin troppo ovvia, di rimessa in sesto e di prevenzione, emerge nel contesto grillino l’esigenza di ribadire i vecchi temi, peculiari di molte battaglie politiche ed elettorali il ritorno al principio della “decrescita felice” che, sia pure per un fenomeno del tutto diverso rispetto a quello del maltempo, riguarda le acciaierie  di Taranto. Ed è una posizione che sulla carta è in netto contrasto con la linea strategica del Pd e, ancor di più, con quella di Renzi che non ha mai nascosto il suo favore per una ripresa dell’economia che coinvolga le grandi opere.

Ora, sul piano concreto, l’obiettivo, che è Ligure ma che è compreso nel contesto nazionale più vasto, è appunto quello di sfruttare l’esigenza del riassetto ecologico e geologico territoriale per dar vita alla ripresa delle grandi opere e delle infrastrutture. Per la verità, negli ultimi quindici anni, questa è stata la linea governativa e operativa del Pd, anche  quando la leadership era nelle mani di Renzi, ma ora, e questa è la vera preoccupazione che sorge nell’attuale contesto, la linea di Zingaretti appare oscillante. La linea della direzione del partito ondeggia tra l’affermare i propri valori storici e la propria linea di sviluppo economico e la paura d’una rottura con i grillini che, a loro volta, sono in guerra nel loro interno e puntano a non perdere il sostegno della parte “storica” più dura e intransigente del loro movimento.

Proprio mentre Beppe Grillo torna  a svolgere il ruolo di “califfo” del movimento e a rilanciare una sorta di alleanza organica con il Pd, che pure, nel più recente passato, è stato l’obiettivo specifico del bombardamento polemico del movimento. C’è il rischio che la Liguria, con tutti i suoi problemi territoriali ed economici, paghi il prezzo d’una tattica che forse, per le paure oscure di Zingaretti, ha come obiettivo immediato, per non far cadere il governo, di salvare l’amministrazione regionale dell’Emilia Romagna che giocherà le sue sorti alla fine di gennaio e che sembra il passaggio forzato attraverso il quale il centrodestra, bene o male saldato, conta di fare breccia per arrivare alle elezioni anticipate. In parole povere, anche dalla prudenza generica delle dichiarazioni di questa mattina pronunciate dal ministro Paola De Micheli, si comprende la cautela operativa del governo sia pure dinanzi alle istanze urgenti del “caso Liguria”, una casella determinante per l’avvenire politico dell’Italia.

Non a caso, ancora una volta, laboratorio del futuro.

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