Il complicato problema dell’invasione dei cinghiali

di Paolo Lingua

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Il complicato problema dell’invasione dei cinghiali

La morte d’un cacciatore per il morso di un cinghiale, tragedia avvenuta in questi giorni, ha riaperto una discussione molto complessa, e con forti tratti polemici, sulla presenza degli ungulati sia nei boschi dell’entroterra, ma, con un crescendo impressionante, anche nei paesi e nelle città come la stessa Genova. La situazione è al limite della tollerabilità, perché la caccia al cinghiale è regolata dalla legge venatoria in termini di tempo e di stagioni nonché di limiti quantitativi. Con il trascorrere degli ultimi anni, ma anche solo di questi mesi la situazione ha ormai raggiunti il confine della tollerabilità. Solo a Genova, che è la città più grande della Liguria, abbiamo già avuto invasioni di quartieri sia periferici sia residenziali, oltre che di marine e di spiagge.  Non sempre i cinghiali sono aggressivi nei confronti dell’uomo, ma i loro comportamenti non sono prevedibili, perché dipendono da una infinità di motivazioni o di spinte. E il cinghiale ha un morso forte e pericoloso anche se, nei confronti dell’uomo, cerca in genere solo una forma istintiva di difesa. Ma il potenziale della pericolosità è molto alto, considerato che possono essere a contatto anche anziani, donne e bambini. Nelle scorse settimane i cinghiali, anche a frotte, hanno scorrazzato sulle spiagge e sui centri di quasi tutta la Liguria, creando non pochi problemi.    A questo punto nasce un problema che non può essere sottovalutato. E’ evidente – fenomeno da anni in crescendo – che c’è un moltiplicarsi degli ungulati, una crescita che per il momento è difficile contenere e che comporta, non solo i pericoli alle persone a cui prima di faceva cenno, ma anche gravi danni alle colture e anche agli allevamento di bovini e ovini. Ovviamente a questo punto sorgono posizioni differenti, e anche polemiche, con sconfinamenti inevitabili in campo politico. Ci sono posizioni che puntano a proporre azioni radicali di eliminazione  dei cinghiali (il cui numero è obiettivamente superfluo rispetto agli equilibri zoologici del territorio) con un ampliamento dei tempi e degli spazi della stagione della caccia. Al tempo stesso, ci sono le posizioni invece più rigide e limitative di ecologisti e di animalisti. Il tema della caccia, da sempre, è oggetti di posizioni contrastanti che partono da visioni ideologiche opposte. Ma qui il problema scavalca le vecchie posizioni “ideologiche “ (a volerle chiamare così) perchè  i “no caccia” in genere puntano sulla difesa di specie selvatiche che rischiano l’estinzione e che sono una sorta di fiore all’occhiello in campo naturalistico di specifici ambiti territoriali  che meritano attenzione e protezione. La questione dell’ “esubero” (a volerlo chiamare così) dei cinghiali non più contenibili nei loro spazi naturali e che si muovono appunto in cerca di cibo assume invece una dimensione completamente differente e per la quale, di fatto, le strutture istituzionali erano impreparate. Occorrerà mettere a punto complessi progetti, uno dei quali sarà certamente una estensione della licenza di caccia ma data con obiettivi limitativi di specie e di quantità proporzionale, senza sconfinare in altre specie di animali selvatici. Toccherà alle istituzioni, a partire dalla regione tramite gli assessorati competenti, trovare una soluzione operativa che eviti ricorsi e appelli amministrativi, per consentire un’azione concreta che ridimensioni la crescita progressiva dei cinghiali. Si dovrà, con l’aiuto della guardia forestale che avrà per forza di cose una funzione di gestione e di controllo, trovare un punto di equilibrio operativo per arrivare al taglio del numero degli ungulati che ormai si sono spostate alle spalle degli abitati della Liguria e la cui presenza non è più assolutamente sostenibile. Però, al fine di evitare infiniti rinvii, comitati, convegni e scontri anche nella prospettiva delle prossime elezioni locali, occorre fare in fretta. Molto in fretta.

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