Il caos e le contraddizioni del governo sulla siderurgia

di Paolo Lingua

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Il caos e le contraddizioni del governo sulla siderurgia

Italia Viva, il movimento di Matteo Renzi, vuole il ripristino integrale e per tutte le aziende nelle medesime condizioni dell’Ilva dell’esenzione penale per dirigenti e tecnici. Il Pd è “abbastanza” d’accordo, sia pure con un po’ di acqua minerale per allungare il progetto. Il M5s è contrario per principio, oltre che spaccato al proprio interno. La sinistra di Leu vuole la nazionalizzazione della siderurgia, stile Iri anni Cinquanta. Il premier Conte punta a rifare un contratto con Arcelor Mittal, lasciando da parte la questione penale, ma tagliando l’affitto, ridimensionando gli esuberi, facendo entrare una percentuale non precisata di azionariato pubblico, recuperando un rapporto con la Germania della Merkel. Ma c’è anche chi sostiene, solo per restare a casa nostra, di creare a   Genova (e anche a Novi Ligure) un distacco  da Taranto dando vita a  una realtà autonoma, magari privata e pubblica, anche se non sono ben chiari i possibili partner.

Il tutto non si comprende come e quando. Al Governo quattro partiti (più il premier) ognuno  con proposte differenti e all’opposizione una raffica di no e di critiche a 360 gradi. All’opposizione non c’è un vero progetto, ma la Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia sparano a zero contro il Governo. Tutto male, tutto sbagliato, tutto da rifare.  La polemica senza scampo picchia anche sulla legge finanziaria la cui approvazione si accavalla in questi giorni al dramma della siderurgia per la quale si profilano cause giudiziarie di durata infinita, ricorsi amministrativi e diatribe senza limiti. Ma nel frattempo gli incontri di vertice tra il Governo e Arcelor Mittal sono rinviati sine die, salvo recuperi in extremis assai difficili da prevedere. L’opposizione di centrodestra, al di là delle decisioni governative e delle discussioni in sede parlamentare, sembra comunque puntare i suoi cannoni sulle elezioni amministrative dell’Emilia Romagna  già fissate a fine gennaio. Salvini, in particolare, punta a un exploit nella regione rossa da  sempre. E’ convinto che nel caso d’una sconfitta del centrosinistra il Pd, spaventato, staccherà la spina al governo per lasciare andare i grillini alla loro sorte (un possibile crollo elettorale) e alla ricerca di tamponare una emorragia a favore di Renzi. Ma anche il leader toscano sempre perplesso perché, salvo situazioni traumatiche e choccanti, il suo movimento non sembra raccogliere un grande favore popolare.

Ma Renzi può sopravvivere nel giro di qualche mese ma non può pensare di disporre di un numero di parlamentari molto maggiore di quello che gli darebbe l’elettorato. Fragile e marginale resta la condizione dei partitini dell’estrema sinistra il cui peso pare poco rilevante nel gioco delle battaglie elettorali. Questo dell’Italia, nell’attuale momento storico, appare un passaggio dove la fragilità di tutte le forze politiche sembra l’unica reale situazione, in un clima di impreparazione, di confusione, di superficialità e di assoluta mancanza di cultura politica. Nessun partito o movimento è apparsa capace sino a questo momento di avanzare proposte concrete di rilancio dell’economia con la prospettiva di investimenti,  progetti e di creazione di nuovi posti di lavoro. Ovvero dell’unica cura di cui il nostro Paese ha reale bisogno. I partiti sono paralizzati di fronte alle questioni finanziarie, al rilancio delle  grandi opere pubbliche e del potenziamenti dei trasporti e del sistema di comunicazione. Non si va al di là degli “spot” elettorali o delle affermazioni generiche. Il limite culturale della politica non è mai emerso in maniera così vistosa. L’Italia non è il solo paese occidentale in crisi, ma per i difetti e gli errori precedenti  la sua crisi è molto più grave e preoccupante.