Fase interlocutoria per il decollo del nuovo governo in un clima generale di scarso entusiasmo

di Paolo Lingua

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Il punto di Paolo Lingua

Fase interlocutoria per il decollo del nuovo governo in un clima generale di scarso entusiasmo

I sondaggi – sia pure da prendere con la massima cautela – indicano, in termini generali, scarso entusiasmo dell’opinione pubblica nei confronti non solo del governo che è in via di faticosa costruzione, ma anche verso tutti i partiti e gli schieramenti politici. D’altro canto, la freddezza, la diffidenza e, comunque, la prudenza silenziosa erano più che prevedibili. Il Pd, come è noto, è molto più diviso di quanto non appaia: Zingaretti, si sapeva, era a favore del passaggio alle urne puntando al crollo dei “grillini” per diventare ufficiale e unica alternativa al centrodestra; Renzi ormai appare pronto a qualunque acrobazia per tornare in primo piano; molti leaders interni sono diffidenti, come Gentiloni, mentre è maggiore di quanto possa apparire l’uscita sdegnosa di Calenda. Anche nel campo del M5s si è capito che Di Maio avrebbe preferito tornare con la Lega (ma anche, curiosamente, Di Battista) mentre Casaleggio e Grillo hanno arruffato la scena. Nessuno ha fiducia sull’esito del sondaggio sulla piattaforma Rousseau e sul suo metodo, ma il clima interno è diviso.

A destra ruggiscono La Lega, apparentemente compatta, ma deluso dalla mezza scivolata di Matteo Salvini che, bene o male, perde consensi e si vede confinata all’opposizione (per quanto? Difficile da prevedere) e, insieme, Giorgia Meloni che insiste sul sovranismo e annuncia proteste di piazza. Berlusconi sembra rialzare la testa disegnando una fisionomia del centrodestra riallineato su posizioni più liberali ed europeiste. Ma il suo potenziale elettorale è ancora basso.  E allora? Nel nuovo governo, al di là delle sortite di Grillo, i politici, come è logico, prevarranno sui tecnici e decollerà un esecutivo che affronterà, bene o male, i problemi che emergono. Ma non sarà facile trovare l quadra sulle strategie economiche e sul potenziale di opere pubbliche da far decollare. Basterebbe pensare soltanto alla Tav in Piemonte o alla Gronda in Liguria. Ci sono troppi campi in cui le posizioni dei due partiti sono distanti per non dire opposte. Altro che contratto di governo o programma unico. La marcia si annuncia complicata, al di là delle dispute sulla vicepresidenza del consiglio o delle collocazioni dei dicasteri-chiave.  Non solo: nelle regioni (sono nove) dove si voterà prossimamente il clima è freddissimo. L’alleanza Pd – M5s non trova entusiasmi nella base dei due partiti e trova ancora più gelo tra i quadri e i dirigenti. A Livello locale le polemiche, negli ultimi anni, sono state feroci e implacabili  e i progetti di investimenti e di sviluppo sono quasi dappertutto agli antipodi. Ma ci sono state durissime campagne  di polemiche durissime anche sul piano individuale. Il che vuol dire rancori personali difficile da digerire e soprattutto  da superare. Infatti, in questi giorni dalle periferie di tutta Italia non si sono alzati inni di entusiasmo e di sostegno alla trattativa anche perché l’intera classe politica italiana non ha dato in questi mesi segni di capacità, di strategia e di sagacia amministrativa.

E’ indubbio che il livello si é abbassato, ma , a differenza della tanto esecrata Prima Repubblica,  i protagonisti hanno perduto anche, ci si scusi per l’espressione, il sagace cinismo e la freddezza che contraddistingueva anche personaggi che potevano sembrare discutibili, ma che erano decisamente più furbi e scafati. Questo spiega l’indifferenza e la diffidenza che anche i sondaggi hanno riscontrato nell’opinione pubblica del nostro paese. La costruzione del nuovo governo andrà avanti con fiacchezza, senza lampi. Si farà in fretta visti i tempi imposti dal Capo dello Stato. Ma poi tutto ricomincerà da campo. Non si sa come. Tutte le soluzioni sono possibili. Ma senza canti di gioia. Tutti sconfitti? Forse.

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