"Facciamo la pace?!”: a Genova la voce dei bambini diventa una marcia
di D.B.
"Cantiamo, urliamo, la pace vogliamo": è solo uno dei numerosi cori intonati
Numerosi bambini e ragazzi hanno attraversato oggi le strade di Genova per gridare, con piccoli passi, il loro sì alla pace. A 80 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e nel giorno che ricorda i bombardamenti del maggio 1944 sulla città, la Comunità di Sant’Egidio ha promosso la marcia “Facciamo la pace?!”, un evento che ha unito scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado in un messaggio forte e necessario: la guerra è sempre una sconfitta, anche per chi vince.
Il corteo è partito dal Porto Antico, davanti alla statua di Gandhi, per concludersi in piazza De Ferrari, dove hanno preso la parola anziani testimoni dei bombardamenti e giovani fuggiti da guerre più recenti. Insieme, generazioni lontane hanno raccontato l’assurdità della violenza e il valore del dialogo. E se è vero che la guerra insegna a morire e la pace insegna a vivere, è anche vero che ogni bambino che impara la pace oggi è un soldato in meno domani. Non c’è vittoria nella guerra, solo silenzi e macerie.
Durante la manifestazione è stata letta anche una dichiarazione scritta dai bambini delle “Scuole della Pace” di Sant’Egidio, un testo che ribadisce il rifiuto della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie. Un monito che nasce piccolo, ma punta dritto al cuore degli adulti.
L'evento - “Oggi abbiamo voluto coinvolgere tutte le scuole - dice Lorenzo Mantero, Comunità Sant’Egidio - un po' perché è un anniversario, sono gli 80 anni dalla pace in Europa, da quando è finita la seconda guerra mondiale e vogliamo trasmettere questo ai bambini, trasmettere l'idea che la pace è un dono, una cosa bella di cui dobbiamo festeggiare, però anche una cosa fragile, lo vediamo in tante situazioni del mondo in cui purtroppo la pace manca.”
Testimonianza - Abbiamo ascoltato anche le parole di Giuseppe “Pino” Rolandi, testimone degli orrori dei conflitti: “Io cerco di dare la mia testimonianza per quello che posso fare ormai anche con i miei figli e nipoti.
Non c'era da mangiare, c'era la tessera con tutti i bollini che bisognava tagliare e, se arrivavi al forno troppo tardi, il pane era finito e ti davano delle focacce immangiabili. E poi le bombe, bombardamenti e ancora bombardamenti. Dormivamo mezzi vestiti perché quando suonava l'allarme andavamo giù nel cosiddetto rifugio, il sotterraneo dell'edificio rinforzato con delle strutture apposite.
L'idea era che se cadeva una bomba sull'edificio - aggiunge Rolandi - noi ci salvavamo, ma non era sempre così. Quelli che potevano si rifugiavano nelle gallerie. E poi Genova disastrata, io mi ricordo da bambino gli edifici sventrati.
Insegnamento - "Purtroppo - dichiara Alessandra Machelli, insegnante della De Scalzi-Polacco - è una triste verità che i popoli non hanno imparato dalla storia, ma noi come insegnanti dobbiamo dare un insegnamento diverso e insegnare che invece la pace è possibile e vivere in pace è qualcosa di importante, perché aiuta a fare meglio anche nella nostra società."
La pace è il coraggio di tendere la mano quando sarebbe più facile alzare un muro. La guerra è sempre una sconfitta, anche per chi vince.
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