Elezioni regionali: la sconfitta di Toti

di Paolo Lingua

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Elezioni regionali: la sconfitta di Toti

Il governo ha deciso (o “non” ha deciso) oggi in materia di elezioni regionali. Come è noto ci sono sette regioni, tra le quali la Liguria, che sono in scadenza e l’appuntamento alle urne era previsto nel mese di maggio, quando il coronavirus non era ancora intervenuto a far saltare tutti gli schemi del nostro vivere abituale. Nelle scorse settimane da parte dei partiti e dalle diverse regini erano state avanzate le proposte più disparate.

In particolare il presidente della Liguria, Giovanni Toti, aveva adombrato la possibilità di votare entro la fine di giugno e la metà di luglio. A tutti, e non solo ai partiti di opposizione, il progetto era apparso assurdo, perché non si sa ancora quando tornerà per tutti la vita normale. Votare tra giugno e luglio era apparso assurdo e, secondo molti osservatori (non solo di parte), il presidente della Liguria sperava di effettuare una sorta di furbo “colpo di mano”, contando su difficoltà degli avversari del centrosinistra a trovare un candidato di prestigio e a mettere insieme un’alleanza forte ed organica.

In un certo senso, Toti temeva forse una crescita delle critiche alla gestione della sanità da parte della Regione e quindi puntava a bruciare tutti sul tempo con una rapida campagna elettorale in un clima ancora condizionato dalle preoccupazioni per i coronavirus. Non a caso ha proposto nei giorni scorsi lo “scudo penale” per le responsabilità presunte delle istituzioni in campo sanitario. Il che è la prova delle sue preoccupazioni, nel momento in cui anche la magistratura genovese è scesa in campo.

A questo punto si attendeva, visto che erano state proposte date diverse a seconda dei partiti e delle regioni, una proposta di sintesi da parte del governo, in modo da mettere ordine a una confusione politica dettata quasi sempre da valutazioni di opportunismo locale, senza tener conto di quella che potrebbe essere la minaccia – sempre incombente – della diffusione del contagio del coronavirus di cui non conosciamo, né è ancora possibile comprendere, l’andamento, anche perché molti specialisti ritengono che, anche dopo un netto declino, potrebbero esserci dei pericolosi ritorni dell’infezione con la nascita di nuovi focolai, una prospettiva che è fortemente temuta sia dalla protezione civile, sia dagli specialisti italiani e mondiali. 

Il presidente Conte e il governo, messi di fronte a decidere in qualche modo, hanno imboccato la solita strada all’italiana allargando gli spazi e i tempi. Si voterà, pare sulla base di decisioni autonome di ciascuna delle sette regioni da rinnovare (con il corollario delle elezioni locali comunali) tra il 15 di settembre e il 15 dicembre.

Ci saranno quindi tre mesi per scegliere e, considerato il costume italiano, voteremo a seconda delle regioni, ogni venti giorni, in un clima di perenne campagna elettorale con incroci di accuse e di polemiche di ogni genere. Voteremo in ogni regione anche per molti rinnovi di comuni. Non si sa ancora se e quando si voterà per il referendum sul taglio dei parlamentari. Che cosa ha indotto Conte e il governo ad agire su questa linea?

Ci sono troppi contrasti e troppe risse non solo con l’opposizione, ma all’interno della coalizione che sostiene l’esecutivo. Dopo la pausa provocata dalla diffusione crescente del virus, gli scontri tra Pd e M5s sono risorti, sia sulle modalità di puntare a una graduale ripresa della produzione e del lavoro e in particolare sui rapporti con l’Europa. I grillini in particolare oggi appaiono divisi in più fazioni al loro interno. Conte punta a mediare alla bell’e meglio per evitare di dover affrontare una crisi, con incertissime votazioni politiche, in autunno. La speranza del premier è che la battaglia politica si esaurisca sul piano amministrativo, mentre il contagio continua (speriamo) a scendere.

A questo punto, che cosa deciderà Giovanni Toti, mettendo insieme al sua ormai composita maggioranza? Gli converrà a questo punto chiudere la partita elettorale a settembre, oppure guadagnare, questa volta, ulteriore tempo e andare, se non alla vigilia di Natale, verso novembre? In questi tempi le situazioni politiche e le condizioni socioeconomiche mutano rabbiosamente di giorno in giorno e non ci si salva più rovesciando torrenti di slogan autocelebrativi. Nel frattempo, Toti ha perso la chance del voto “furtivo” a luglio. Fallirà anche la scommessa sullo “scudo penale”? E’ una battaglia che ha già perduto Arcelor Mittal. E non è poco.