Elezioni regionali in Liguria, per ora si marcia al buio
di Paolo Lingua
In maggio, ma non si sa quale domenica, anche perché potrebbero capitarci tra capo e collo anche le elezioni politiche, di dovrà andare alle urne per rinnovare il consiglio e la giunta regionale. Per adesso i partiti e le potenziali coalizioni che dovrebbero misurarsi l’una contro l’altra sembrano marciare nel buio. E’ tutto vago e tutto incerto, compresa la legge elettorale locale che, però, per adesso non si comprende come possa era rimodellata. Si attende, secondo una ipocrita volontà di tutti, l’abolizione del cosiddetto “listino”, ovvero il blocchetto di consiglieri eletti senza diretto voto ma “premio” al vincitore. Da quando la Regione esiste (1970) il listino sopravvive e, ogni volta, alla vigilia della scadenza, tutti i leaders , battendosi il petto, annunciano la sua abolizione nel nome della trasparenza e della valorizzazione della volontà popolare. Poi, dato che si lavora in tempi stretti, scadono i limiti temperali delle modificazioni elettorali e il listino sopravvive. Per la comodità dei partiti e del piacere di quei candidati che hanno una grande difficoltà a raccogliere suffragi personali. Anche questa volta andrà a finire così? Non è da escluderlo, visti i precedenti. Ma, superata la questione elettorale, il discorso più complesso riguarda le candidature e le coalizioni. Cominciamo al centrodestra. In quest’area la situazione in apparenza è più tranquilla: Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, micropartiti e Cambiamo! Sembrano tutti d’accordo nel sostenere una coalizione compatta e coesa con l’indicazione d’un secondo mandato per Giovanni Toti. Certo, non mancano inquietudini nell’area moderata e qualche rapporto teso tra Forza Italia, Cambiamo! (il movimento di Toti) e gruppi collegati tra loro come gli amici di Claudio Scajola, forti soprattutto nelle zone di Ponente della Liguria. Ma si tratterà di trovare la quadra delle candidature e della possibile composizione della futura giunta. IN questa chiave occorrerà capire come andranno le preferenze e se ci sarà il famigerato listino. Il problema del centrodestra non è tanto la coalizione quanto capire se non ci sarà una rimonta della sinistra in una regione che ha avuto la leadership storica della sinistra sino a pochi anni fa. E qui entriamo nella situazione più complessa e critica. Si ha la netta sensazione che, salvo miracoli dell’ultimo momento, sia difficile dare vita a una alleanza tra il Pd e il M5s. E’ soprattutto quest’ultimo che punta a correre da solo, a cominciare dalla sua leader regionale Alice Salvatore che lo ha dichiarato nettamente solo pochi giorni fa. I due partiti, che pure sono alleati di governo, hanno una visione socioeconomica opposta, a cominciare dalle grandi opere e dai sistemi di trasporto e di comunicazione. La Gronda ha sempre spaccato la sinistra e continua a mostrare crepe anche dopo che da parte del governo è stato annunciata l’ultima fase dell’iter per realizzarla. A casa del Pd la situazione è più complessa e tormentata: anche ai vertici, ma soprattutto tra la base, c’è una netta divisione tra chi vorrebbe dar vita all’accordo con i grillini e chi invece ritiene che il partito prenderebbe più voti da solo, visti gli anni di contrasti tra i due schieramenti. Poi diventa difficile la scelta del candidato presidente. Il M5s punterebbe a un candidato non politico, esterno. Il Pd pensa a una candidatura più robusta e corposa. I nomi sinora girati sembrano più scommesse e provocazioni che reali candidature, anche perché non è facile convincere qualcuno a correre al buio, in un momento complesso. E poi, quale potrebbe essere la linea dei renziani, del partito della Bonino e dei piccoli partiti dell’estrema sinistra, considerato che anche nei confronti dei grillini le loro posizioni sono oscillanti? Molto dipenderà anche da come andranno le regionali in Emilia, in Calabria e in altre regioni che scadano prima della Liguria, territorio sul quale incombe un cielo plumbeo carico solo di incertezze.
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