Dubbi e speranze dello shipping italiano nel mercato mondiale
di Paolo Lingua
3 min, 4 sec
Il punto di Paolo Lingua
I poli mondiali dello shipping (ma anche della politica e dell’economia in generale) oggi sono tre: gli Usa e il loro sistema; l’Europa con tutte le sue contraddizioni; il mondo emergente (con oscillazioni) della Cina. Detto questo, considerata la vorticosa evoluzione dei mercati e delle merci e le continue modifiche degli assetti politici internazionali non sempre è semplice trovare assetti funzionali e continui nel tempo. E’ quanto emerso dalla vivace e stimolante assemblea dell’Assarmatori che nei giorni scorsi s’è svolta a Roma. Anche in questo caso la situazione non è delle più semplici perché in Italia esistono due associazioni di categoria degli armatori, un po’ come era avvenuto negli anni Sessanta. La situazioni generali tendono a complicarsi. Ma sono emerse novità interessanti sul nostro immediato futuro. In linea di massima il mondo marittimo d’un Paese come l’Italia tende, d’istinto, a privilegiare i rapporti con le economie occidentali, su un asse ideale tra gli Usa e l’area legata all’Unione Europea. Però da alcuni anni è emersa la realtà della Cina, una economia in crescita vorticosa che punta a imporre in Occidente (più in Europa che in America) un mercato che potrebbe essere decisamente più conveniente per i prezzi più bassi delle offerte: di qui la annunciata e, tutto sommato in progress, realtà trasportistica che va sotto il nome storico di “Via della Seta”.
Al tempo stesso però, in parte per l’ira di Trump che punta invece a rialzare i tassi doganali per difendere la produzione e l’occupazione interna degli Usa, in parte perché si tema una sorta di invasione di un nuovo monopolio, la corsa cinese è in parte arrestata. Per la verità il discorso soprattutto in Europa, è assai complesso, perché l’Ue ha diverse aree trasportistiche da gestire. Una è il Nord Europa con i suoi fiorenti porti in aree del Belgio, dell’Olanda e della Germania. Poi ci sono i diversi assi del Mediterraneo: i poli di Barcellona e di Marsiglia, in parte complementari ma in parte concorrenti con l’asse più forte italiano (quello che è sotto l’occhio della “Via della Seta”) ovvero il sistema Genova – Trieste. Una organizzazione in più rotte che coinvolge il sistema crescente del Mediterraneo del Nord Africa, proprio mentre cresce la penetrazione, anche industriale, della Cina nelle nuove realtà statuali africane. Tutto questo è emerso, con grande lucidità, nell’assemblea dell’ Assarmatori. E’ ovvio che tutte le problematiche si presentano con aspetti contrastanti e valutazioni che sono allo stesso tempo positive e negative. Senza contare che la politica di Trump nei confronti dell’Europa va a zig zag e l’Europa al suo interno va a scarti e l’Italia non è sempre privilegiata. Resta comunque un impegno vivace dell’armamento italiano (basterebbe pensare solo al gruppo mondiale Msc di Aponte) sia nel settore merci sia in quello della crocieristica, con una connessione nei rapporti con il mondo industriale e produttivo, basterebbe pensare agli accordi stipulati recentemente dall’Ansaldo con la Cina. I limiti dell’intero problema, per quel che riguarda i nostri affari interni italiani, possono venire piuttosto da una certa fragilità politica che caratterizza gli ultimi passaggi del nostro Governo e i contrasti tra i vertici dell’alleanza “gialloverde” di queste ultime settimane, con l’ombra di una ulteriore potenza politica ed economica (un po’ meno sul piano dello shipping) quale è la Russia che ha rapporti alterni con la Cina e gli Usa di Trump. I prossimi mesi e i prossimi anni ci sapranno rivelare chi ha giocato meglio di tutti le proprie carte in questo scorcio storico di trasformazione di molte strategie, anche perché l’evoluzione delle tecnologie più avanzate e sofisticate potrà portare a nuovi e sempre più rapidi cambiamenti.
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