Delitto Cella, Soracco: "Io trattato come un mafioso, ma a Chiavari non c'è nessuna cupola"
di steris
"Gli investigatori mi chiamarono 'moralista di m..' perché secondo loro stavo coprendo la mia relazione con Cecere, che era una ragazza madre"

"Sono stato trattato come un mafioso, come Riina. Ma a Chiavari non c’era nessuna cupola, i Soracco non avevano alcun potere. Anzi, la polizia mi ha insultato durante gli interrogatori". Con queste parole Marco Soracco, il commercialista nel cui studio fu uccisa la segretaria Nada Cella il 6 maggio del 1996, ha preso la parola in aula durante il processo in cui è imputato per favoreggiamento.
Soracco è accusato di aver coperto Anna Lucia Cecere, ex insegnante e principale sospettata dell’omicidio. Assistito dall’avvocato Andrea Vernazza, il professionista ha reso dichiarazioni spontanee davanti alla corte e non ha escluso la possibilità di sottoporsi in futuro all’esame dibattimentale.
Nel suo intervento, ha respinto con fermezza l'immagine di una famiglia influente capace di condizionare le testimonianze, emersa nel corso del processo. "Mio padre era un funzionario comunale, mia madre insegnante. È vero, mio padre fu segretario della Democrazia Cristiana, ma negli anni Sessanta. Non aveva alcun potere", ha dichiarato.
Soracco ha poi affrontato uno degli elementi chiave dell’accusa: il fermacarte che, secondo la procura, sarebbe stato usato per colpire Nada Cella. "Era parte di un set da scrivania, ma non l’ho mai utilizzato. Aveva un feltro sotto: se fosse stato usato come arma, si sarebbe sporcato", ha sostenuto.
Nel mirino del commercialista anche alcune testimonianze ritenute inaffidabili. Ha negato di aver mai avuto un rapporto di confidenza con il collega Bertuccio, che aveva riferito presunte confidenze sull'omicidio: "Non era mio amico, non gli avrei mai raccontato cose private. Quello che dice non ha senso logico".
Soracco ha inoltre smentito quanto affermato da Saverio Pelle, zio della vittima, secondo cui nello studio sarebbero circolate buste piene di denaro: "Sono stati fatti controlli accurati dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle Entrate. Non hanno trovato nulla".
Infine, ha ricordato gli interrogatori del 2021 condotti dalla squadra mobile, definendoli "aggressivi" e "offensivi": "Mi chiamarono 'moralista di m..' perché secondo loro stavo coprendo la mia relazione con Cecere, che era una ragazza madre".
Durante l’udienza sono state ascoltate anche alcune intercettazioni di Anna Lucia Cecere. In esse, la donna nega ogni coinvolgimento nell’omicidio, sfogandosi in più occasioni: "La mia vita è stata rovinata da questa storia".
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