Decolla il "grande gioco" dei partiti per le elezioni regionali della Liguria

di Paolo Lingua

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Decolla il "grande gioco" dei partiti per le elezioni regionali della Liguria

Le elezioni regionali in Liguria saranno fissate tra aprile e maggio della prossima primavera. Prima ci saranno certamente i passaggi strategici delle elezioni per il rinnovo dell’Emilia Romagna e della Calabria. Poi verranno, via via, altre cinque regioni da rinnovare, compresa la Liguria. Ma vale la pena di soffermarsi proprio sulla situazione di casa nostra. Il Pd, sin da ieri, ha messo insieme riunioni e convegni con i potenziali alleati d’una linea di coordinamento p0er le prossime reginali. Ma sinora hanno aderito al confronto e al dialogo soltanto i partitini  che costituiscono l’estrema sinistra e gli ambientalisti. Troppo poco per vincere, anche perché il M5s, dalle posizioni nazionali di Luigi Di Maio sino alla linea locale espressa senza mezzi termini da Alice Salvatore, sembra ormai intenzionato a correre da solo. Una linea politica che quindi punta a dividere le candidature del Pd e dei grillini che sembrano destinati a correre ciascuno per conto proprio. E quindi destinati a perdere, perché sarà ben difficile che il centrodestra rompa un accordo a tre (più piccolissimi alleati) che punta a vincere comunque, senza rompere mai la coalizione.

Siamo di fronte a due linee decisamente opposite, non solo per i contenuti politici, ma anche per le strategie supportanti. Il centrodestra che punta a superare i “distinguo” interni pur di vincere a tutti i costi e un centrosinistra dilaniato dalle differenze e dai “distinguo”, anche di natura moralistica, una motivazione che non ha ormai più alcuna incidenza sulle scelte dell’elettorato, come anche l’esito del voto in Umbria ha largamente dimostrato. L’elettorato, che voti pure “di pancia” come sovente è stato affermato, vorrebbe con rabbia programmi a livello nazionale e a livello locale che puntino alla ripresa economica e a  scelte legislative che migliorino le condizioni dei lavoratori. Curiosamente in Italia, sindacati e imprenditori di tutti i settori (industria, commercio, artigianato e agricoltura), sono d’accordo sui provvedimenti di ripresa e di rilancio. Che sono però i temi sui quali il M5s fa la maggiore resistenza, avvantaggiando in questo modo il centrodestra e mettendo in difficoltà il potenziale alleato che è il Pd. Anche questi sono una parte degli aspetti che hanno fatto dire a dirigenti nazionali e locali (in Liguria è stato il caso di Alice Salvatore) dei grillini il “no” a nuova intese con il Pd. Ovviamente è ancora presto per avere un’idea definitiva di quello che avverrà con le prossime  elezioni regionali in Liguria.

In questo momento l’accordo Pd-M5s sembra di fronte a una pesante battuta d’arresto: si tratterà di vedere poi cosa avverrà nelle altre regioni, ciascuna delle quali, obiettivamente, è un caso a sé. In questo momento per la verità il Pd appare più prudente e più pragmatico, rispetto al M5s, scosso anche al suo interno da forte contestazioni nei confronti della leadership di Luigi Di Maio. Ma siamo soltanto di fronte a reazioni tattiche più che strategiche. Resta un grande punto interrogativo che riguarda il movimento “Italia viva” di Matteo Renzi che in queste ore ha dato viva a un raggruppamento autonomo sia in Regione Liguria  sia in Comune a Genova. I renziani per adeso lavorano ad allargarsi nelle istituzioni prendendo tempo a livello nazionale sia su eventuali crisi a livello locale. La sensazione diffusa è che i renziani aspettino gli esiti delle regionali senza compromettersi troppo in prima persona. Potrebbero dar vita a una eventuale crisi di governo solo dopo gli esiti delle elezioni locali, cercando di rastrellare consensi sia nell’are ampo0derata sia in quella del Pd. Tutte ipotesi da dimostrare.