Da Messina a Walker, in che mani è finita la Sampdoria
di Maurizio Michieli
Scrivo e parlo solo di quelli che ho conosciuto. Ma ce ne sono stati anche prima. Ad esempio, il mitico cavalier Mario Rebuffa, che "impazzì" come un bambino a Dortmund, dopo avere imprecato in tribuna d'onore come un tifoso qualunque per quasi tutta la partita, per il pareggio di Roberto Mancini quasi al 90° contro il Borussia su un improbabile assist di Gianlucone Pagliuca. Aveva sofferto talmente tanto, per una gara vissuta in apnea, che dovettero quasi trattenerlo altrimenti rotolava giù dalla balconata sotto gli occhi attoniti dei tedeschi.
Claudio Nassi. Il costruttore, ovviamente attraverso Paolo Mantovani, del grande sogno blucerchiato. Ebbi modo di stringergli la mano solo dopo, ma a lui si devono i principali colpi di mercato della Samp d'oro e persino negli anni successivi non mancò di consigliare al presidente acquisti che sfumarono per poco (Baggio, Redondo, Van Basten: chi non ci crede, chieda conferma alla famiglia Mantovani).
Paolo Borea: probabilmente non fu il migliore dei talent scout, ma era un formidabile conoscitore di uomini e quindi l'uomo giusto al posto giusto in quel momento quando c'erano molto personalità complesse da governare. Domenico Arnuzzo: lui è la Sampdoria, che vive da sempre come una seconda famiglia. Profondo conoscitore di calcio (Lippi lo volle alla Juve e in Nazionale), onesto e leale, una di quelle persone che fanno le fortune delle società. E che sanno pure scegliersi i collaboratori giusti, Gigi Ronca è uno di questi.
Beppe Marotta, che portò in alto il Venezia, gettò le basi della grande Atalanta, risollevò la Sampdoria dalle proprie ceneri sino alle soglie della Champions, inanellò il record di scudetti con la Juventus sino a diventare presidente dell'Inter. Sarebbe un perfetto capo della Federazione. Magari diventerà numero uno dell'Uefa o della Fifa.
Sergio Gasparin, che nella Samp si trovò a gestire una fase delicatissima. Commise l'errore del portiere (Curci), ma aveva in canna i colpi Iturbe, James Rodriguez, Kucka che non poté realizzare per le vicende, anche dolorosamente famigliari, dell'allora proprietà. Persona di una serietà e squisitezza quasi inimmaginabili.
Persino Pasquale Sensibile, con il quale ai tempi ebbi ai tempi acute divergenze, mi appare un gigante. Non a caso è nello staff dirigenziale del Paris Saint Germain con importanti rsponsabilità nel settore dello scouting.
Anche Massimo Ferrero ha avuto la capacità, l'intelligenza e la sensibilità di circondarsi di collaboratori capaci e avvezzi al mondo del calcio: Riccardo Pecini, Daniele Pradé, Carlo Osti. Figure con una storia, una professionalità, un background. Prerogative che non escludono la possibilità di dribblare gli errori, di commettere leggerezze, di portarsi dietro il proprio bagaglio di difetti e imperfezioni. Chi non ne ha. Quanti confronti, quanti scontri, quante incomprensioni e quante amabili chiacchierate con costoro: quanto calcio, quello autentico.
E' l'elenco - sicuramente incompleto - di coloro che in tanti anni hanno cercato di fare del loro meglio per portare risultati alla Sampdoria. E anche per garantirle comunque dignità e rispetto. Che possono e devono continuare a esistere anche quando i numeri girano storto. E mi riferisco solo agli uomini di "campo", dietro ai quali ci sono quelli di scrivania. Ma la lista diventerebbe troppo lunga.
Il cumulo di umiliazioni delle ultime due stagioni portano invece un marchio di fabbrica inequivocabile.
Gli ultimi anni infatti - culminati in una retrocessione in serie C scampata per puro miracolo e in una stagione (l'attuale) già caratterizzata dalla cacciata dell'ennesimo allenatore dopo un calciomercato dilettantesco pilotato dagli algortimi e una classifica umiliante - sono stati gestiti da... Alessandro Messina e Natahn Walker. Attenzione: non stiamo parlando delle persone, che tra l'altro non abbiamo mai avuto il "piacere" di conoscere perché preferiscono agire nell'ombra e quasi nell'anonimato (perché?). Ma delle competenze. Saranno dei filantropi, saranno i migliori pater familias che si possano desiderare (bene), ma che c'azzeccavano (Messina) e c'azzeccano (Walker), rispettivamente il socio di un'agenzia di procuratori e il gestore del marchio di un'agenzia di scommesse con la Sampdoria?
Pensare che i problemi della Sampdoria siano gli allenatori è un errore che già è stato compiuto l'anno scorso, cambiandone quattro. Adesso stiamo per arrivare a sei in un anno (in bocca al lupo Lillo Foti). Certo Massimo Donati non si è dimostrato, com'era facilmente immaginabile anche senza algoritmi, un campione della panchina. E la sua uscita di scena è stata anche un po' patetica. Ricordo che quando noi giornalisti gli facemmo presente che forse la scelta di Coucke titolare discendeva dall'alto ci prese a male parole, sbeffeggiandoci. Ora la moglie, Luana Di Bella, fa trapelare più o meno le stesse cose sui social, difficile immaginare senza il consenso o almeno l'approvazione silenziosa del marito. Insomma, non proprio un cuor di leone Donati. Figuratevi dentro uno spogliatoio.
Ma il vero problema della Sampdoria sta in chi la guida dall'alto: anzitutto nella proprietà, che a prescindere dalle risorse spese o non spese di certo non sa (o non vuole...) scegliere le persone a cui affidare la conduzione della società e della squadra; poi, appunto, nei dirigenti. Non a caso l'unico seme di competenza, incarnato da Andrea Mancini, è quello più slegato dal vertice e quello a cui si devono i germogli dei colpi di mercato tecnicamente e in alcuni casi economicamente più redditizi di questi anni: Stankovic, Esposito, Kasami, Pedrola, Leoni, Cherubini, Pafundi.
Sono le competenze e le doti umane nell'ambito specifico che le accompagnano a fare la differenza. Se ciò non viene preso in considerazione, con una pervicacia ai confini con l'ottusità, cresce il dubbio che tutto questo sia l'espressione di una volontà ben precisa. Quale, sinceramente, resta un mistero imperscrutabile. Sulla pelle della sempre più bistrattata Sampdoria.
Nel precedente commento, subodorando l'ennesimo scempio, avevo invocato una sorta di commissariamento ad acta, un passo indietro dell'attuale proprietà e l'affidamento della Sampdoria a Roberto Mancini come curatore con l'impegno a garantire (da parte degli azionisti) la continuità aziendale sino a trovare qualcuno disposto ad accollarsi l'onere debitorio della società. Naturalmente non avevo la presunzione che il mio modesto appello fosse raccolto, speravo semmai in un motu proprio da parte di chi di dovere. Le mie fonti mi riferiscono invece il contrario. Si continua con la navigazione a vista. Verso dove? Magari stavolta verrà Walker (letteralmente camminatore) a dirlo.
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